Introdotta dal governo Monti nel 2012, la Tobin Tax è stata più un male che un bene per la borsa. Ha prodotto un gettito tributario che ha disatteso ampiamente le previsioni. Lo scopo dichiarato era quello di colpire la speculazione e il trading ad alta frequenza, quello gestito da software in mano a fondi e società. Ma nei fatti ha colpito principalmente i piccoli investitori.

Le intenzioni del governo a inizio anno erano quelle di abolire la Tobin Tax perché negli ultimi periodi aveva avuto il solo effetto di allontanare gli investitori retail dalla borsa.

Ma poi è arrivata la pandemia e il quadro della situazione economica ora è cambiato. Invece che abolirla, si sta pensando di raddoppiarla pensando di incrementare il gettito fiscale. Imitando la Spagna che ha appena approvato l’introduzione della Tobin Tax.

La Spagna approva la Tobin Tax

E’ infatti recente la notizia che da poco anche Madrid ha introdotto l’imposta sulla borsa. Una tassa sulle transazioni finanziarie con aliquota del 0,2% sarà applicata agli acquisti di azioni di società quotate in borsa che hanno una capitalizzazione superiore al miliardo di euro. Nessun prelievo sarà invece applicato all’acquisto di azioni di Pmi o di società non quotate, o per l’acquisto di titoli debito pubblico, e nemmeno ai derivati sarà applicato il prelievo. Il gettito raccolto è stimato per la Spagna in 850 milioni di euro. Ma è pura illusione.

La Tobin Tax in Italia

Anche in Italia l’imposta si applica ai trasferimenti di proprietà di azioni e strumenti partecipativi emessi da società quotate in borsa. Ma l’aliquota è pario allo 0,1%, la metà di quella spagnola. Più precisamente

sono soggette a Tobin Tax tutte le transazioni (a carico del solo acquirente) sulle azioni di società italiane quotate aventi capitalizzazione superiore a 500 milioni di euro.”

La tassa viene applicata anche sugli strumenti derivati aventi come sottostante le società quotate.

Volendo fare un esempio, se si acquistano in borsa azioni ENI per un controvalore di 1.000 euro, la banca applicherà un’imposta di 1 euro che successivamente verserà al fisco. Ciò non avverrà se il titolo viene venduto nell’arco della giornata e non viene mantenuto in portafoglio. L’aliquota prevista per le transazioni su azioni è dello 0,10% sul controvalore del saldo netto positivo di fine giornata.

Lo stesso vale per i derivati con sottostante indici o azioni italiane (Futures, Opzioni, CFD, warrants, covered warrants e certificates). In questo caso l’aliquota varia a seconda del tipo di strumento e del valore del contratto e colpisce sia il compratore che il venditore.

Tobin Tax, storia di un fallimento

Benché la tassa sulle transazioni finanziarie sia stata introdotta anche in alcuni altri stati europei, si è rivelata un fallimento. A essere colpiti sono soprattutto i piccoli risparmiatori e ha favorito le società off shore e i fondi d’investimento che operano al di fuori dei confini nazionali dove i controlli non arrivano.

Lo si vede anche dal gettito erariale che da 1,5-2 miliardi all’anno inizialmente previsto nel 2013, si arriva a poco meno di 800 milioni di euro. A dirlo è anche la Bce analizzando gli effetti della Tobin Tax sui mercati.

Nel corso degli anni, le operazioni sono diminuite sui mercati non regolamentati (over-the-counter) e si sono in parte trasferite su quelli regolamentati.

La Banca Centrale Europea ha infatti espresso forti dubbi sull’utilità di questa tassa anche per altri Paesi. Ma soprattutto per l’Italia su cui ha notato un sensibile spostamento di asset dal mercato azionario a quello obbligazionario. Come anche si evince dall’andamento degli indici di borsa milanesi paragonati a quelli di Francia, Germania e Regno Unito.

Perplessità espresse a suo tempo anche dal ex presidente Bce Mario Draghi che ha criticato la Tobin Tax applicata in Italia suggerendo che, per essere effettiva, una tassa sulle transazioni finanziarie dovrebbe essere applicata in tutti i Paesi.