Novità in arrivo per l’accantonamento del trattamento di fine servizio (TFS) per i dipendenti pubblici. L’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) ha convocato i sindacati per discutere della nuova destinazione del TFS.

Più precisamente si discuterà dell’introduzione della regola del “silenzio-assenso” per i nuovi assunti della pubblica amministrazione riguardo la destinazione della quota di TFS al fondo Perseo-Sirio. Cioè si ribalterà la possibilità di decidere come destinare la quota di trattamento.

TFS e previdenza integrativa

Al momento, l’adesione al fondo complementare Perseo-Sirio avviene solo su richiesta esplicita del lavoratore.

E non ha riscosso un gran successo da quando la legge ha introdotto la possibilità di destinarvi una quota del TFS. In sostanza i dipendenti pubblici hanno preferito lasciare i soldi maturati presso l’amministrazione, ovvero l’Inps. Poco meno di 80.000 dipendenti pubblici su quasi 2,5 milioni hanno aderito, gli altri sono rimasti fuori. Quindi, un fiasco totale per la pensione complementare nel pubblico impiego.

Di qui l’esigenza di cambiare le regole per fare in modo che il fondo complementare Perseo-Sirio possa raccogliere maggiori introiti. Per i nuovi assunti, infatti, si profilerebbe la possibilità di scegliere se destinare il TFS al fondo, non più mediante adesione esplicita, ma attraverso il meccanismo del silenzio-assenso. In altre parole, se non si comunica nulla, automaticamente il datore di lavoro destinerà il TFS al Fondo Perseo-Sirio. Non solo, il rinnovo sarà automatico. In pratica, il dipendente, se vorrà mantenere il TFS presso l’Inps, dovrà ogni anno comunicare questa sua volontà.

Il silenzio assenso

La novità è destinata a sollevare non poche polemiche fra i dipendenti pubblici. In questo modo, infatti, si limita la libertà di scelta di come e quanto gestire la previdenza integrativa. Vincolando gli statali al silenzio-assenso, osservano gli esperti di diritto, si costringe il dipendente ad agire in un certo senso prestabilito.

In altre parole, si obbliga in partenza il lavoratore a destinare il TFS al a un fondo privato, salvo rinuncia. Esattamente l’opposto di quanto fatto finora, con ampia libertà di scelta.

La pratica è palesemente scorretta ed evidenzia tutta la preoccupazione per i gestori del fondo complementare che temono un rallentamento delle iscrizioni. Adesioni che finora, in linea generale fra i lavoratori privati, si sono mantenute elevate con una crescita media del 4,5%, ma che si pensa possano rallentare in previsione di un calo dei rendimenti dei fondi negoziali.

In particolare i fondi pensione complementari, di cui fa parte anche il fondo Perseo Sirio, hanno registrato nel 2019 ben 159.000 posizioni in più, con un aumento del 5,3%, arrivando ad un totale di 3,161 milioni di posizioni aperte alla fine del 2019.

I rendimenti dei fondi negoziali

I rendimenti dei fondi pensione complementare, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, hanno visto un incremento nell’ultimo anno, che conferma il trend positivo degli ultimi 10 anni.

Dal 2010 a 2019, il rendimento medio annuo composto è infatti risultato pari al 3,6% a fronte di una rivalutazione legale del TFR del 2%. Trend che però difficilmente potrà ripetersi negli anni a venire, viso che i fondi d’investimento stanno cominciando a recepire lentamente i tassi d’interesse negativi dei titoli di Stato.

Da qui l’esigenza di coinvolgere maggiormente i dipendenti pubblici. Essi rappresentano infatti un bacino d’utenza enorme, in grado di compensare i rallentamenti di crescita e le minori adesioni del settore privato.