La riforma pensioni è impantanata nei meandri del Ministero del Lavoro. Il governo sembra prendere tempo, in attesa di qualche evento particolare, non cercando uno scontro aperto coi sindacati.

Le posizioni sulla riforma restano infatti molto distanti. I sindacati chiedono dal 2023 l’uscita a 62 anni di età o con 41 di contributi versati, mentre l’esecutivo punta a 64 anni col ricalcolo contributivo della pensione per tutti.

Riforma pensioni ferma ai box

Di fatti siamo a una impasse. Lo scorso anno, il premier Draghi ha preferito soprassedere rinviando tutto al 2022.

Oggi, non essendo cambiato nulla, l’idea sembra quella che si voglia tergiversare in attesa di qualche cosa che sposti l’ago della bilancia a favore della proposta dell’esecutivo.

Tutto, infatti, ruota intorno al fatto che la riforma pensioni dovrà essere fatta senza ulteriori scostamenti di bilancio. Cioè dovrà essere sostenibile con le risorse contributive previste senza che lo Stato debba intervenire.

La crisi pandemica prima e quella ucraina poi hanno già tracciato una linea da perseguire. Ma forse non basta ancora a giustificare un intervento sulla falsariga di quanto già avvenuto nel 2012 con l’arrivo del governo Monti-Fornero.

Allora l’impennata dello spread dei rendimenti fra titoli di stato italiani e tedeschi fece temere al peggio e da Bruxelles intimarono all’Italia di tagliare le pensioni. Cosa che puntualmente fu fatta.

Spread e tasse più alti per fare la riforma

Oggi cosa potremmo aspettarci? Già lo scorso anno Bruxelles aveva richiamato l’attenzione di Draghi sul tema pensioni chiedendo espressamente di eliminare quelle anticipate e facendo notare che in Italia si andava in pensione mediamente prima che nel resto della Ue.

Quota 100 terminò la sua corsa naturale e non fu rinnovata, mentre la fine di Opzione Donna fu rinviata di 12 mesi. Ma ora quel che serve, anche nel rispetto dei finanziamenti del Pnnr, è mettere in sicurezza la spesa pensionistica da qui ai prossimi 10 anni.

E’ probabile che gli interventi del governo a sostegno di famiglie e imprese per mitigare i rincari delle materie prime possano fungere da volano alla causa. Sospendere l’incasso delle accise sui carburanti e degli oneri di sistema sulle bollette elettriche ha infatti un costo.

Minori entrate per lo Stato dovranno necessariamente essere compensate da altre tasse o da tagli alla spesa delle pensioni. Ecco quindi trovata la strada per giustificare a fine anno il nuovo taglio alle pensioni dal 2023.