La pandemia ha riscritto, in molti ambiti, le regole del lavoro “da ufficio”. In Italia, come in tanti altri posti del mondo, per ridurre il rischio contagio è stato sdoganato il lavoro da remoto, diventando una realtà concreta non solo nel privato ma anche nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Molte aziende, specialmente le multinazionali, hanno quindi deciso di seguire questa linea, rendendo lo smart working una scelta a discrezione dei propri dipendenti anche quando l’emergenza sanitaria sarà rientrata. È questo il caso di Spotify, il colosso della musica streaming on demand, che ha deciso di riscrivere per sempre le regole del lavoro da casa, consentendo ai propri dipendenti di lavorare ovunque essi vogliano.

Spotify riscrive le regole del lavoro da casa e annuncia il programma “work-from-home”

Venerdì 12 febbraio Spotify ha annunciato il nuovo programma “work-from-home” che consentirà ai suoi 6.550 dipendenti sparsi in tutto il mondo di scegliere come vogliono lavorare in azienda, ovvero se in ufficio, in remoto o in uno spazio di coworking per il quale l’azienda pagherà un abbonamento.

Fatta la loro scelta, i dipendenti dovranno poi ogni anno rinnovare le propria volontà al riguardo, confermando o cambiando destinazione se vogliono, anche se in ogni caso devono avere l’approvazione del proprio manager.

Comunque, a prescindere che scelgano di lavorare negli spazi messi a disposizione dell’azienda o in qualsiasi altra parte del mondo, tutto quello di cui avranno bisogno sarà un computer e un buon accesso a Internet.

Spotify continuerà a pagare gli stipendi tenendo conto delle tariffe salariare di San Francisco o New York, oltre che – ovviamente – del tipo di lavoro svolto dal dipendente (e quindi delle sue mansioni e responsabilità). Una politica aziendale in netto contrasto con quella adottata da altri colossi del web, come Facebook e Twitter, che hanno entrambi permesso ai propri dipendenti di lavorare da casa, anche se hanno affermato che taglieranno gli stipendi di quelli che si trasferiranno lontano dagli uffici nella costosa San Francisco Bay Area.

Spotify a caccia di talenti: così lo smart working diventa un’attrattiva per le nuove generazioni

Alla base del piano di Spotify c’è la voglia di voler rendere più sostenibile e attraente il lavoro all’interno dell’azienda.

Travis Robinson, responsabile delle politiche di diversità, inclusione e appartenenza all’interno di Spotify, ha affermato che questa mossa promuoverà l’equilibrio tra lavoro e vita privata, migliorando la felicità dei dipendenti e il loro coinvolgimento. Cosa più importante, ha specificato poi lo stesso, aiuterà l’azienda ad attrarre talenti indipendentemente dalla posizione geografica.

“La maggior parte dei nostri uffici si trova in grandi città come New York, Londra e Stoccolma, ma sappiamo che trasferirsi o rimanere in queste città non è sempre realistico – o attraente – per i potenziali dipendenti”, ha detto Robinson.

“Questa è un’opportunità per eliminare l’idea che le grandi città sono gli unici luoghi in cui può svolgersi un lavoro significativo perché sappiamo di prima mano che non è vero. Vogliamo che i dipendenti vengano come sono, ovunque si trovino e qualunque sia la loro situazione”, ha poi aggiunto.

Ovviamente, una delle più grandi sfide riguarda la gestione di una forza lavoro formata da dipendenti “virtuali” e non fisicamente presenti. Ma la pandemia ha fornito l’esperienza necessaria all’azienda per iniziare a pensare a questo progetto come qualcosa di possibile e realizzabile, dimostrando – per esempio – come il ricorso ai vari servizi di streaming sia affidabile nell’assicurarsi che i lavoratori da remoto si sentano inclusi nelle riunioni, nei gruppi e negli eventi aziendali, a prescindere da dove essi si trovino.