Oggi, in occasione della Festa della Donna, vogliamo fare chiarezza sulle voci relative ad una presunta tassa rosa che il genere femminile pagherebbe quando fa shopping. Non solo in Italia ma, a quanto pare, in tutto il mondo. Cosa c’è di vero? Allarma o bufala?

Ancora nel 2017 le ricerche confermano una differenza salariale tra uomini e donne ma evidentemente questo non è tutto: ad incidere negativamente sul potere di acquisto delle donne ci sarebbe questa fantomatica «pink tax», la tassa rosa.

In altre parole i prodotti specificatamente tipici dello shopping delle donne avrebbero un sovrapprezzo ingiustificato: pensiamo ai prodotti di bellezza o per capelli femminili o ai jeans da donna. E lo shopping per le donne è più caro anche quando si estende l’analisi ai servizi: parrucchieri, estetiste etc, tutto per le donne è in media più caro. Si potrebbe obiettare che le acquirenti donne sono più esigenti ma non è solo questo a ben vedere.

Ma non solo cosmesi e abbigliamento: avete mai notato che le biciclette modello donna costano in media il 6% in più di quelle da uomo? In questi casi il sito Business of Fashion giustifica comunque i prezzi più alti basandosi su una maggiore personalizzazione del prodotto riservato alle donne. Come a dire: non sono i prodotti femminili in quanto tali a costare di più ma sono le donne ad essere più esigenti nella selezione di marchi e confezioni.

Una polemica che ha fatto riscoppiare anche quella su alcuni prodotti essenziali per l’igiene femminile, come gli assorbenti che in Italia sono tassati con Iva al 22% mentre i rasoi da uomo, considerati bene di prima necessità, godono di IVA agevolata al 4%.