I pensionamenti nella scuola sono in calo. Per quest’anno si prevedono 31 mila uscite, circa il 10% in meno rispetto allo scorso anno. Per contro aumenta l’età media di insegnanti e bidelli che ha raggiunto l’asticella (record) dei 55 anni di età. Parimenti anche il corpo docente precario supplente non accenna a calare ponendo l’Italia in una situazione veramente imbarazzante al cospetto degli altri Paesi Ue.

Il quadro è preoccupante se si pensa che il Miur è il principale datore di lavoro del pubblico impiego (quindi tutta la PA non è da meno).

Oltre la metà del personale scolastico docente è over 55 e non può ancora andare in pensione consentendo quel ricambio generazionale e svecchiamento della pubblica amministrazione di cui lo Stato avrebbe un impellente bisogno. Contestualmente circa un quarto delle nuove leve non è di ruolo e vegeta in uno stato di precariato quasi permanente.

Più di 31 mila pensionamenti a settembre nella scuola

Più nel dettaglio, col 1 settembre 2024 lasceranno il mondo della scuola circa 31 mila dipendenti. Di questi, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, la maggior parte sono docenti (21.322), segue il personale Ata (9.154), gli insegnanti di religione (459) e gli educatori (57). Tutte figure che saranno sostituite con nuovi ingressi pescando da concorsi e graduatorie varie.

Numeri che non comprendono gli ulteriori pensionamenti anticipati come conseguenza delle domande di cessazione da presentarsi entro il 28 febbraio 2024. Queste contemplano sostanzialmente solo le uscite con la pensione flessibile 2024 (Quota 103) e Opzione Donna. Non saranno molte a occhio e croce. Di più potrebbero arrivarne dopo da Ape Sociale le cui domande di pensione arriveranno il 31 marzo.

Ricordiamo che scade il prossimo 28 febbraio il termine per lasciare la scuola con Opzione Donna o Quota 103. Da quest’anno le due misure sono cambiate rispetto al 2023. La prima prevede il possesso di un anno in più (61 anni) come requisito anagrafico per uscire con almeno 35 anni di contributi.

Mentre, pur non avendo subito variazioni nei requisiti (62 anni di età e almeno 41 di contributi), Quota 103 è diventata più penalizzante.

Età media dei docenti troppo alta

Ma le restrizioni delle uscite dal lavoro anticipate ha ripercussioni sull’età media dei docenti in Italia e, di conseguenza, anche sulla qualità del servizio offerto. Lo afferma senza mezzi termini Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, che in una recente intervista fa notare come abbiamo la scuola più vecchia del mondo.

Con la riforma Fornero – dice Pacifico – il gap è aumentato tra docenti e discenti, con più il 50% over 55 nella nostra scuola. Chi lavora dopo i 60 anni dovrebbe avere incarichi diversi dall’insegnamento”.

C’è poi il burnout che pone la categoria dei docenti fra i lavori usuranti, anche se di fatto non vi è mai stato un riconoscimento ufficiale. Lo è stato tre anni fa solo per coloro che insegnano alle primarie, ma non anche al resto della scuola. Non è giusto trattare gli stessi lavoratori in mniera diversa pur facendo lo stesso identico mestiere e su questo punto l’Anief si sta battendo da tempo.

Infine, il lavoro dell’insegnante, da punto di vista pensionistico, andrebbe equiparato a quello di uomini e donne appartenenti al comparo Difesa e Sicurezza, la cui finestra di uscita e la cessazione dal servizio scatta dai 60 anni in su. Al limite – rimarca l’Anief – si dovrebbe destinare il corpo docente ad altri incarichi nella PA, diversi dall’insegnamento, dopo i 60 anni. Anche per facilitare il ricambio generazionale.

Riassumendo…

  • Previsti più di 31 mila pensionamenti nella scuola a settembre, in calo del 10% rispetto al 2023.
  • In Italia abbiamo la scuola più vecchia del mondo con età media degli insegnati pari a 55 anni.
  • Dopo i 60 anni gli insegnati dovrebbero essere collocati a riposo o destinati a incarichi diversi.