La gestione di una società presuppone un accorgimento particolare sulle questioni fiscali. Specie se l’intenzione fosse quella di modificare l’assetto organico dell’impresa, magari attraverso una scissione societaria parziale.

Un tema che, di recente, ha visto un intervento diretto da parte dell’Agenzia delle Entrate, in merito a una procedura di scissione parziale priva di retrodatazione degli effetti fiscali. Un pronunciamento importante, dal momento che determina in modo più chiaro sia le procedure che le limitazioni per quella parte societaria scissa della quale si presuppone la sopravvivenza.

In generale, una scissione parziale di una società avviene nel momento in cui una parte più o meno rilevante del patrimonio complessivo viene ceduto a una o più società esterne. Tuttavia, tale cessione non compromette l’esistenza della società cedente né l’estinzione del proprio patrimonio, il quale subisce una riduzione proporzionata all’entità della parte alla quale ha rinunciato. La riduzione proporzionale del patrimonio societario non prevede quindi una congiunta del capitale.

Il processo al quale si fa riferimento non è dunque una vendita, né un’estensione del parterre di soci, in quanto a essere ceduta sarà unicamente una parte proporzionale del patrimonio. L’Agenzia delle Entrate, nella fattispecie, ha fissato regole piuttosto stringenti sugli effetti della retrodatazione in merito all’assetto fiscale della parte scissa, ritenendo che l’eventuale perdita emersa durante la fase interinale dovrà essere trattata sul piano soggettivo, in base all’art. 173, 4° comma del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). In sostanza, faranno fede le quote di patrimonio netto contabile trasferite e rimaste alla parte scissa.

Scissione societaria parziale: perché l’intervento dell’AdE rende più complesse le procedure

L’intervento dell’Agenzia delle Entrate pone l’operazione di scissione parziale sotto una nuova luce. L’articolo 173 del Testo unico delle imposte sui redditi indica il procedimento come di natura neutrale sul piano fiscale.

Allo stesso modo, sempre in base alla suddetta disciplina, il passaggio di patrimonio della parte scissa non produce, di per sé, una fuoriuscita di quanto trasferito dal regime d’impresa ordinario. A meno che i riceventi non beneficino di una tassazione agevolata. Secondo l’ente, la frazione di perdita trasferita va a integrare quanto previsto dalle limitazioni dell’art. 172 del testo medesimo, chiamando in causa il cosiddetto riporto delle perdite. Ossia, le quote di perdita non utilizzate come compensazione per l’anno d’imposta in corso e, quindi, trasferibili al successivo.

Il nodo critico è quello della soggettività, richiamato dall’AdE, attribuito a una perdita provvisoria e non connessa a un reale periodo di imposta. Nondimeno, a fronte di tale attribuzione, saranno validi i principi di verifica sui limiti imposti al riporto delle perdite citato nell’art. 172 comma 7 del Tuir. In sostanza, il periodo d’imposta interinale seguirebbe un regime fiscale direttamente connesso a un periodo reale. Generando un procedimento più complesso in quanto maggiormente soggetto a verifiche, senza l’assunzione della caratteristica del consolidamento. Come previsto per i casi di scissione societaria parziale senza previsione di retrodatazione.

Riassumendo…

  • L’Agenzia delle Entrate interviene sul processo di scissione societaria parziale, girando la vite sugli effetti fiscali della previsione di retrodatazione.
  • l’ente attribuisce un principio di soggettività a una perdita provvisoria slegata da reali periodi di imposta;
  • tale attribuzione genera un processo di verifica fiscale ordinario, secondo quanto previsto dall’art. 172 del Tuir.