La rivalutazione delle pensioni 2023 assume i connotati di una beffa. Il governo ha presentato la manovra anticipando che dal prossimo anno la perequazione automatica degli assegni non sarà uguale per tutti. E c’è chi ci perderà e non poco.

In altre parole la rivalutazione del 7,3% sulle pensioni sarà solo per le fasce più basse, quelle fino a 2.280 euro al mese. Per chi percepisce rendite più alte, l’adeguamento al tasso d’inflazione sarà inferiore. Tanto più basso quanto più alta è la pensione.

Piena rivalutazione pensioni solo per alcuni

Sicché, con una mano lo Stato dà e con l’altra toglie. Già, perché la novità è stata presentata dal Consiglio dei Ministri solo pochi giorni fa e dovrà essere approvata dal Parlamento nella legge di bilancio. Salvo qualche ritocco dell’ultimo momento.

Del resto – come sostiene l’esecutivo – rivalutare pienamente tutte le pensioni del 7,3% dal prossimo anno costerebbe troppo e non andrebbe nel senso di garantire equità sociale riducendo il divario fra chi prende di più e chi prende di meno. Così dal 1 gennaio 2023 le pensioni saranno indicizzate all’inflazione in base a nuove fasce.

Non è una novità e c’era da aspettarselo. Come anticipato da InvestireOggi.it lo scorso mese di ottobre, il governo aveva infatti già allora allo studio una riforma della perequazione automatica. Per recuperare risorse da destinare a Quota 103 e all’aumento delle pensioni minime (+45 euro al mese dal 2023).

Nuove fasce di rivalutazione dal 2023

Ma vediamo come si rivaluteranno gli assegni nel 2023. Attualmente la legge prevede che le pensioni siano rivalutate al 100% solo fino a 4 volte l’importo del trattamento minimo. Invece, da 4 a 5 volte la perequazione automatica non è piena e scende al 90%. Mentre sopra le 5 volte, la rivalutazione scende al 75%.

In base al nuovo schema di legge governativo, dal 2023 la rivalutazione si farà in base a 6 fasce di rendita annuale in base al valore del trattamento minimo che salirà a 570 euro al mese:

  • 100% fino a 4 volte il trattamento minimo
  • 80% da 4 a 5 volte il trattamento minimo
  • 55% da 5 a 6 volte il trattamento minimo
  • 50% da 6 a 8 volte il trattamento minimo
  • 40% da 8 a 10 volte il trattamento minimo
  • 35% oltre le 10 volte il trattamento minimo

In pratica la pensione aumenterebbe, non più del 7,3% come previsto dal decreto recentemente firmato dal ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti, ma progressivamente meno.

L’aumento sarà pieno solo per chi prende 2.280 euro al mese (circa 1.650 euro netti).

Per chi, invece percepisce una pensione di 3.420 euro al mese (circa 2.200 euro netti), l’aumento sarà solo del 3,65%. Percentuale ovviamente inadeguata a coprire i costi del carovita con perdita automatica del potere di acquisto. Il costo dell’inflazione, quindi, lo pagherà soprattutto la classe media.