Per chi vuole andare in pensione ma non ha i contributi “lavorativi” necessari per farlo, può sfruttare uno strumento messo a disposizione dal legislatore. Parliamo del riscatto della laurea. Uno strumento, dunque, che può essere utilizzato solo da chi ha fatto un percorso di studi universitario.

In sostanza, dietro apposita domanda all’INPS e con il pagamento di una spesa (di non poco conto) è possibile riscattare ai fini contributivi gli anni di università. Quindi, quegli anni saranno considerati come anni di “contributi” validi ai fini pensionistici.

Si pensi ad un soggetto che nel 2023 ha 62 anni di età e 38 anni di contributi. Se questi ha fatto un percorso universitario, ad esempio, potrebbe decidere di fare il riscatto della laurea per 3 anni e, maturare, così 41 anni di contributi. In questo modo potrà andare in pensione con Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi).

A volte il riscatto, però, della laurea viene fatto anche molti anni prima della possibile pensione. Molti, infatti, preferiscono già farsi accreditare quegli anni.

Riscatto della laurea, detrazione o deduzione?

Come detto il riscatto della laurea non è gratuito. Bisogna pagare. La spesa pagata, tuttavia, la si può recuperare in dichiarazione dei redditi. A questo proposito occorre, però, distinguere a seconda che il riscatto della laurea sia stato pagato per se stessi o per familiari a carico.

Il genitore che, ad esempio, paga il riscatto della laurea del figlio fiscalmente a carico, può detrarre la spesa nella misura del 19%. Non è previsto alcun limite massimo di spesa detraibile. Quindi, il 19% si può applicare su qualsiasi ammontare.

Lo sgravio fiscale è per cassa. Pertanto, nella Dichiarazione redditi 2023 (anno d’imposta 2022) si detrae la spesa “pagata” nel 2022. Il pagamento deve risultare da strumenti tracciabili (assegno, bonifico, carta di credito, ecc.).

Non c’è detrazione se il pagamento è in contanti. L’indicazione dell’onere è ai righi da E8 a E10 codice 32 (in caso di 730) oppure righi da RP8 a RP13 codice 32 (in caso di Modello Redditi Persone Fisiche).

Nel caso in cui, invece, il riscatto della laurea è pagato per se stessi, allora sulla spesa sostenuta spetta una deduzione. Vale sempre il principio di cassa. L’onere pagato nel 2022 si indica al rigo E21 (in caso di Modello 730/2023) oppure rigo RP21 (in caso di Modello Redditi Persone Fisiche).

Il simulatore INPS

L’INPS mette a disposizione un simulatore per il riscatto della laurea. Un servizio interattivo e gratuito che, a fronte di pochi passaggi, fornisce informazioni (sulla base del quadro normativo vigente):

  • sulle varie tipologie di riscatto di laurea disponibili per i vari segmenti di utenza (agevolato, inoccupato, ordinario);
  • sui possibili vantaggi fiscali derivanti dal pagamento dell’onere (il premio pagato per il riscatto si può scaricare nella dichiarazione dei redditi);
  • sul costo del riscatto e la sua rateizzazione;
  • sulla decorrenza della pensione (con e senza riscatto);
  • sul beneficio pensionistico stimato conseguente al pagamento dell’onere.

L’utilizzo del simulatore è del tutto anonimo. Non è, infatti, richiesto di autenticarsi preventivamente.

La detrazione o la deduzione del riscatto della laurea nel 730

Riepilogando, chi paga il riscatto della laurea può recuperare poi la spesa in dichiarazione redditi. Si recupera solo il 19% se l’onere è stato sostenuto nell’interesse di un familiare fiscalmente a carico. Non c’è limite di spesa.

Se, quindi, ad esempio, nel 2022 il genitore ha pagato 8.000 euro per il riscatto della laurea del figlio fiscalmente a carico, il genitore stesso nel suo 730/2023 potrà recuperare il 19% di 8.000 euro, ossia 1.520 euro.

Laddove, invece, il contribuente paga per se stesso la spesa per il riscatto della laurea, allora questa spesa la potrà dedurre interamente.

Ricordiamo che c’è differenza tra detrazione e deduzione. La detrazione abbatte l’IRPEF lorda, la deduzione abbatte il reddito imponibile su cui si calcola l’IRPEF lorda.