Secondo le sezioni unite della Corte di Cassazione l’incompatibilità del risarcimento dei danni punitivi con l’ordinamento italiano sembrerebbe non più così incompatibile. La massima ordinanza della Suprema Corte numero 9978 del 16 maggio 2016 potrebbe portare ad un vero e proprio terremoto nel mondo assicurativo oppure, come è prevedibile dalla burocrazia italiana, potrebbe portare ad un blocco che porterebbe ad uno stallo del mondo assicurativo.

La massima sentenza riporta quanto segue:

“Deve essere rimessa al Primo Presidente, perché valuti l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione relativa alla riconoscibilità delle sentenze straniere comminatorie di danni punitivi.

L’attuale vigenza nell’ordinamento del principio di non delibabilità, per contrarietà all’ordine pubblico, delle sentenze straniere che riconoscano danni punitivi desta infatti perplessità, alla luce della progressiva evoluzione compiuta dalla giurisprudenza di legittimità nell’interpretazione del principio di ordine pubblico, originariamente inteso come espressione di un limite riferibile esclusivamente all’ordinamento giuridico nazionale, ma che è andato successivamente ad identificarsi con l’”ordine pubblico internazionale”, da intendersi come complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico, ma fondati su esigenze di tutela, comuni ai diversi ordinamenti, dei diritti fondamentali dell’uomo e desumibili dai sistemi di tutela approntati a livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria”.

E tanto basta per capire quanto il risarcimento del danno punitivo potrebbe essere ammesso anche in Italia sgretolando quel muro che fino ad ora aveva impedito che in italia fossero riconosciute sentenze straniere che ammettevano il danno punitivo.

La sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza 16601 depositata il 5 luglio 2017, hanno rivisto l’orientamento seguito fino ad ora avvicinando il nostro ordinamento a quello anglosassone.

Danni punitivi, ma di cosa si tratta? Consistono nel riconoscimento al danneggiato di una somma superiore a quella necessaria a compesare il danno (danno compensatorio) nel caso chi abbia commesso il danno lo abbia fatto con dolo o colpa grave.

Il diritto a questa categoria di danni, fino a ieri in Italia, era stato negato dalla Corte di Cassazione, sostenendo, con la sentenza 1781 del 2012, che “nel vigente ordinamento il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive ma in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso né il medesimo ordinamento consente l’arricchimento se non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro”.

Nell’ultima sentenza, invece, si riconosce anche il compito di ripristinare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito il danno.

Per arrivare a questa conclusione le Sezioni Unite ridefiniscono la nozione di ordine pubblico che fino ad ora aveva impedito l’applicazione di una legge straniera in Italia. Il diritto internazionale, quindi, inizia a entrare anche nel nostro Paese per cercare di trovare un punto di equilibrio tra sentenza straniera e tradizionale controllo nell’ordinamento giuridico.

Questa apertura, però, non significa che da domani i giudici italiani inizieranno ad incrementare le somme dovute al danneggiato a titolo di risarcimento visto che per un utilizzo su larga scala della sentenza servirebbe un intervento normativo. Significa soltanto un’apertura che apre una breccia per il futuro.