La riforma pensioni 2023 dovrà passare necessariamente da un collo di bottiglia. Sindacati e governo hanno dato il via alle trattative per raggiungere un accordo entro l’anno, ma in politica, si sa, le promesse contano come quelle dei marinai.

Il premier Draghi ha posto un solo vincolo per la riforma pensioni: la sostenibilità dei conti. In altre parole, non si potrà fare altro debito pubblico per pagare le rendite anticipate (rispetto alla Fornero).

La riforma pensioni (anticipate)

Fra le varie ipotesi avanzate finora, la possibilità di anticipare l’uscita di qualche anno rispetto alle regole Fornero (in pensione a 67 anni) ruota intorno ai capitoli di spesa.

Il ritorno ai requisiti ordinari, dopo quota 100, è stato quindi un passo obbligato per non appesantir ei conti pubblici.

Il governo ha quindi congelato tutto. Opzione Donna e Ape Sociale sono stati prorogati di 12 mesi ed è stata introdotta quota 102 (anche qui per 12 mesi) rinviando ogni decisione sulla riforma pensioni a tempi migliori.

Ma cosa si può sperare di ottenere per il 2023 se nel 2022 non si sono fatti progressi in tal senso? Le ipotesi sulla riforma pensioni si rincorrono di giorno in giorno e l’unica soluzione che appare “sostenibile” finanziariamente è l’uscita anticipata con penalizzazione.

Tutti fuori a 64 anni?

Opzione Donna sembra essere il meccanismo ispiratore. La pensione è calcolata solo col sistema contributivo e quindi, di fatto, penalizzante rispetto al misto. Ma attenzione questa non è l’unica strada percorribile. Ne esiste già un’altra, poco conosciuta.

La riforma pensioni Fornero consente l’uscita dal lavoro per i lavoratori contributivi puri al raggiungimento dell’età di 64 anni con almeno 20 anni di contributi, ma l’assegno previsto non deve essere inferiore a 2,8 volte il trattamento minimo di pensione.

Non è cosa da poco, poiché tale soglia corrisponde a circa 1.310 euro al mese e pochissimi lavoratori vi potranno accedere.

Sicché basterebbe abbassare tale valore da 2,8 a 1,5 (previsto per i 67 enni), ad esempio, per allargare la platea dei beneficiari.

Tutto qui. Per il resto sarebbe sufficiente applicare le regole previste per Opzione Donna dove il lavoratore, a 64 anni, accetta la migrazione dei contributi nel sistema contributivo e una liquidazione della pensione col sistema di calcolo contributivo. Ne deriverà una penalizzazione rispetto al sistema misto, ma consentirebbe allo Stato di sostenere la spesa pensionistica negli anni.