Il nuovo governo italiano deve ancora formarsi e poi insediarsi. Alla guida, salvo clamorosi colpi di scena, ci sarà Giorgia Meloni. Il suo partito (Fratelli d’Italia) è quello che ha preso il maggior numero di preferenza alle votazioni del 25 settembre 2022. La maggioranza parlamentare è finita nella mani del Centrodestra. I numeri per governare ci sono tutti. Tra i primo problemi da affrontare per il nuovo esecutivo c’è la riforma pensioni.

I tempi però sono stretti. Il governo non si insedierà prima della metà di ottobre.

Poi c’è anche la legge di bilancio 2023 da fare ed approvare per fine anno.

Ad ogni modo voci interne alla colazione parlano già di quali potrebbe essere le prospettive sul tema pensioni.

Possibile proroga di Quota 102 in attesa della riforma pensioni

Il 31 dicembre 2022 finisce anche Quota 102. La forma di pensione anticipata che permette l’uscita dal mondo del lavoro a chi entro la fine di quest’anno matura:

  • 38 anni di anzianità contributiva
  • e 64 anni di età.

Se non si trova una soluzione, al 1° gennaio 2023 potrebbe tornare la Fornero. Questo significherebbe pensione a 67 anni (e in alcuni casi anche a 71 anni).

Una delle strade che il nuovo esecutivo, potrebbe decidere di percorrere, visto che i tempi per una riforma pensioni potrebbero non esserci, è quella di prorogare ancora per un anno Quota 102. Quindi, nel 2023 ancora possibilità di uscita anticipata a 64 anni (fermo restando i 38 anni di anzianità contributiva da rispettare).

Opzione donna strutturale?

C’è poi da affrontare anche la questione di opzione donna. Si parla della possibilità di renderla strutturale. Questa forma di pensionamento permette di andare a riposo dal lavoro con 35 anni di anzianità contributiva e un’età anagrafica pari o superiore a:

  • 58 anni (per le lavoratrici dipendenti)
  • 59 anni (per le lavoratrici autonome).

Si consideri, tuttavia, che il sistema, comunque, comporta una penalizzazione. Il calcolo dell’assegno pensionistico avviene esclusivamente con il sistema contributivo.

In termini monetari, ciò si traduce in una pensione mensile ridotta (anche del 30%) rispetto all’ordinaria pensione anticipata.

Riforma pensioni, diventa difficile Quota 41

Altra ipotesi sul piatto della bilancia è quello di una Quota 41 per tutti. La cosa però non rappresenterebbe una soluzione preferenziale. Nel Centrodestra, durante la campagna elettorale, l’unico ad essersi mostrato aperto a questa possibilità è stato Salvini (Lega). In altre parole una pensione per tutti con 41 anni di contributi (a prescindere dall’età anagrafica).

In realtà oggi una sorta di Quota 41 già esiste (anche solo per le donne). Infatti, in Italia è prevista possibilità di andarsene in pensione, a prescindere dall’età anagrafica, per chi abbia conseguito la seguente anzianità contributiva:

  • 41 anni e 10 mesi (pari a 2.175 settimane) se donne
  • 42 anni e 10 mesi (pari a 2.227 settimane) se uomini.

Sulla base della normativa vigente, tale requisito (in vigore dal 1° gennaio 2016) è previsto fino al 31 dicembre 2026.