Cambiamento significa movimento. Movimento significa frizione. Il movimento o il cambiamento senza frizioni o conflitti appartiene solamente al vuoto rappresentato da un mondo astratto che non esiste“, affermava Saul Alinsky. Apportare dei cambiamenti alla propria esistenza senza conseguenze, effettivamente, sembra essere quasi un’utopia.

Già il fatto stesso di dover fare i conti con delle modifiche, d’altronde, è sinonimo di azione. Non sempre però questo vuol dire che le cose migliorino. Anzi, spesso il cambiamento finisce per avere delle ripercussioni indesiderate e inaspettate.

Lo sanno bene, purtroppo, tantissimi lavoratori che rischiano di dover rimandare l’uscita dal mondo del lavoro perché penalizzati dalla riforma delle pensioni. Ecco cosa c’è da aspettarsi.

Da quota 103 alla decontribuzione per evitare il ritorno della Legge Fornero

In seguito alle elezioni, che hanno avuto luogo lo scorso mese di settembre, il Governo Meloni ha avuto poco tempo a disposizione per poter apportare delle modifiche al sistema pensionistico nostrano. Ha comunque cercato di arginare la situazione introducendo delle misure temporanee volte a evitare il ritorno della Legge Fornero. Ad esempio, come si evince dal sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, hanno avviato:

“un nuovo schema di anticipo pensionistico per il 2023 che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica (quota 103). Per chi decide di restare a lavoro rifinanziato bonus Maroni che prevede una decontribuzione di circa il 10%”.

La riforma graduale penalizza chi era ad un passo dalla pensione

Dopo l’introduzione delle misure ponte per il 2023, il Governo ha l’importante compito di intervenire al più presto con una riforma delle pensioni ben ponderata. Il tutto partendo dal presupposto che non vi sono le coperture sufficienti a soddisfare le esigenze di tutti i soggetti prossimi alla pensione. Proprio per questo motivo la parola d’ordine dell’esecutivo è “gradualità“.

Questo vuol dire, ad esempio, che a differenza delle aspettative non si assisterà al passaggio a Quota 41 per tutti già nel 2024. Molto probabilmente si assisterà all’estensione per un altro anno di Quota 103. In alternativa si potrebbe assistere al passaggio a Quota 102 che consentirebbe di andare in pensione all’età di 61 anni con 41 anni di contributi.

Un’altra soluzione potrebbe essere rappresentata dalla possibilità di andare in pensione con Quota 41 solamente per i soggetti che svolgono lavori particolarmente usuranti. Come già detto, comunque, si tratta solamente di ipotesi. Non resta pertanto che attendere e vedere quali saranno, effettivamente, le prossime decisioni del Governo in tale ambito e come cambierà il sistema pensionistico italiano.