Non è raro che l’INPS arrivi a chiedere soldi indietro a pensionati o a titolari di altre prestazioni. Cifre che l’INPS considera erroneamente liquidate evidentemente, a tal punto da chiederne la restituzione, spesso con un bollettino di CC postale con cifre da capogiro. Per esempio è il caso di pensioni integrate al trattamento minimo, magari con Assegni familiari o maggiorazioni sociali quali la quattordicesima. Tutto dipende spesso dalle comunicazioni reddituali, periodiche ed obbligatorie che i pensionati dovrebbero inviare all’INPS.

Ma su cui occorre fare delle precisazioni che possono portare alla conclusione che non sempre il pensionato deve rimborsare l’Istituto Previdenziale, e su questo anche dei Tribunali si sono espressi spesso a svantaggio proprio dell’INPS.

“Buonasera, sono una pensionata con assegno da 700 euro circa al mese. Non certo una cifra elevata quindi. La novità è che l’INPS mi ha mandato una lettera con tanto di bollettino postale e vuole indietro la bellezza di 2.500 euro per un ricalcolo della mia pensione che secondo loro è troppo alta dal 2020 ad oggi. Mi hanno mandato le tabelle per anno con tutte le cifre che avrei preso i più. Ma io non ho chiesto nulla, ho preso solo i soldi che loro mi mandano. Perché adesso devo restituirli e con un bollettino postale tutto insieme?”

Pensioni sbagliate da parte dell’INPS? di chi la colpa?

Il caso della nostra lettrice è assai comune e non riguarda solo le pensioni, ma spesso anche le disoccupazioni INPS. In pratica l’INPS eroga trattamenti ai contribuenti, salvo poi ricalcolarli alla luce di variazioni, più o meno veritiere e provenienti da diverse materie, che determinano un cambio di importo. E se a favore del pensionato l’INPS eroga arretrati a partire dalla data di entrata in funzione delle variazioni. Nel caso contrario, cioè quando gli importi in più concessi sono a vantaggio del contribuente, ne chiede la restituzione.

In genere l’INPS tramite comunicazione scritta, con raccomandata con ricevuta di ritorno o con comunicazione telematica sul portale ufficiale e nell’area riservata del contribuente, segnala l’errore.

Le due vie che l’INPS adotta per la restituzione delle somme erroneamente liquidate

E informa il contribuente interessato che da un determinato mese partirà la restituzione delle somme del recupero, con trattenute mensili sulla pensione. In alcuni casi però opera come con la nostra lettrice. Mandando un bollettino postale e chiedendo la restituzione in soluzione unica dell’intero ammontare delle somme in più erogate. Ma stando ai dettami normativi, questo si può verificare solo se l’errore che ha generato il pagamento superiore a quello spettante, dipende dal contribuente, sia esso pensionato o disoccupato. Infatti se a sbagliare è stato l’INPS, in teoria il diretto interessato non è tenuto alla restituzione.

Le regole da seguire per la restituzione chiesta dall’INPS su una pensione

Ricapitolando, se gli importi ricevuti in più su una pensione, sono imputabili ad uno sbaglio dell’INPS, come prevede la Legge n° 412 all’articolo n° 13, nulla può essere richiesto al pensionato. Non per questo l’Istituto spesso arriva comunque a produrre la richiesta di restituzione. Il pensionato è chiamato alla restituzione quando la colpa dipende da lui stesso. Sia nei casi di colpa del pensionato, cioè quando l’errore dell’INPS è talmente palese che era impossibile che il pensionato stesso non se ne accorgesse. Per esempio, se per assurdo un pensionato che per anni ha preso una pensione da 700 euro e di colpo l’INPS gli versa per mesi u assegno da 1.700 euro, senza alcuna spiegazione, è evidente che anche il pensionato avrebbe dovuto capire che qualcosa non quadrava. Oppure se il disoccupato continuava a prendere la disoccupazione INPS nonostante da mesi avesse trovato lavoro.

Ma il caso più comune che porta un pensionato a dover dare indietro soldi all’INPS è quello delle comunicazioni periodiche.

Dichiarazioni reddituali sulle pensioni, cosa sono e chi è tenuto a presentarle

Grazie ai nuovi meccanismi delle banche dati, i pensionati che in quanto contribuenti, presentano le dichiarazioni dei redditi all’Agenzia delle Entrate, non sono tenuti a presentare altre dichiarazioni all’INPS. L’Istituto infatti ha pieno accesso alle banche dati del Fisco. E può controllare se anche un trattamento integrato al minimo o con maggiorazioni, perché collegato al reddito del beneficiario o del suo coniuge, debba essere considerato come idoneo alle somme aggiuntive corrisposte. In questo caso difficile che un pensionato debba restituire soldi in più percepiti, perché è palese lo sbaglio dell’INPS che non ha verificato bene i dati presenti nell’anagrafe tributaria per esempio. I pensionati con trattamenti integrati al minimo però, sono assoggettati ad altro. Infatti nel caso in cui non sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi, devono comunicare annualmente all’INPS i propri redditi, con il modello RED. Se non viene presentato, l’INPS non può verificare il diritto alle somme aggiuntive prima citate.

Si perdono maggiorazioni e integrazioni senza modello RED

Nel caso in cui il pensionato non produce per tempo il modello RED, si espone a due rischi. Il primo è quello di percepire per mesi soldi in più che poi andranno restituiti. Il secondo è che senza RED, anche se spettanti, queste somme in più vengano congelate e sospese dall’INPS. Ed anche in questo caso l’INPS può chiedere al pensionato la restituzione delle cifre in più corrisposte in maniera provvisoria dall’INPS in assenza di modello RED. Per esempio, la quattordicesima è una prestazione che viene liquidata al pensionato dall’INPS, in misura provvisoria, cioè sugli ultimi dati reddituali che l’INPS ha disponibili su un determinato pensionato. Lo dice a chiare lettere la comunicazione di erogazione della quattordicesima che arriva al pensionato prima del mese di luglio, che resta quello canonico di incasso della mensilità aggiuntiva.

Modello RED, di cosa si tratta?

Il modello RED è una dichiarazione che il pensionato deve essere presentare nel momento in cui fruisce di alcune prestazioni aggiuntive e collegate alla situazione reddituale del suo nucleo familiare. Una dichiarazione questa che deve essere inviata ogni volta che l’INPS apre la cosiddetta campagna RED. In genere entro il 28 febbraio di ogni anno il contribuente è sollecitato a inviare la comunicazione. Chi non la presenta commette l’errore che può generare l’obbligo di restituire le somme erroneamente percepite. Una situazione che si può risolvere dopo, solo provvedendo ad effettuare una domanda di ricostituzione della pensione riportando all’INPS gli stessi dati reddituali precedentemente omessi. In quel caso se il pensionato ha ancora diritto agli emolumenti aggiuntivi, l’INPS provvede a ricalcolare la prestazione e rimetterla a posto.