Le strette introdotte dal governo sui requisiti pensione sta facendo calare le domande. Molti lavoratori sono costretti per necessità o convenienza a trattenersi al lavoro, pur avendo raggiunto i requisiti per uscire in anticipo. Lo si nota in particolare analizzando l’andamento dei flussi pensionistici relativi a Quota 103 che prevede l’uscita a 62 anni di età con almeno 41 di contributi.

Dai dati diffusi dall’Osservatorio Inps sulle pensioni emerge che nei primi tre mesi del 2024 è stato liquidato il 16,6% di assegni in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Ciò non riguarda solo le uscite anticipate, ma anche quelle di vecchiaia per le quali si è esaurito l’effetto trainante degli anticipi pensionistici degli anni precedenti. Quindi molti lavoratori sono già andati in pensione rispetto alle previsioni.

Requisiti pensione, come cambiano da quest’anno

Come dicevamo, molte persone sono costrette in qualche modo a rimanere al lavoro pur avendo maturato il diritto a uscire a 62 anni con 41 di contributi. Quota 103 è stata infatti prorogata nel 2024, ma con una penalizzazione importante: il ricalcolo contributivo della pensione. Per chi ha 41 anni di contributi, questo incide per circa un terzo sul montante contributivo determinando un taglio dell’assegno rispetto al sistema misto adottato fino alla fine del 2023.

Non solo. La riforma di Quota 103 ha previsto per quest’anno anche l’allungamento della finestra mobile. Sia per i lavoratori del settore pubblico che per quelli del settore privato. I primi potranno lasciare il servizio solo dopo che sono trascorsi 9 mesi dalla maturazione dei requisiti richiesti, mentre i secondo dopo che sono passati 7 mesi. Un arco temporale molto lungo.

Considerando che pochissimi lavoratori maturano entrambi i requisiti pensione (età e contributi) nello stesso momento, questo lasso di tempo teoricamente diventa più lungo. E la decorrenza della pensione si calcola a partire dal raggiungimento di entrambi i requisiti.

Pertanto uno potrebbe dover attendere più tempo per raggiungere la soglia contributiva richiesta pur avendo già compiuto i 62 anni di età.

Perché conviene restare al lavoro

La riforma introdotta con la legge di bilancio 2024 è stata quindi fatta in maniera da far desistere i lavoratori dal scegliere Quota 103 come via anticipata d’uscita. In buona sostanza, la legge consente di andare in pensione a 62 anni, ma non conviene. Il tempo che passa dal giorno della domanda all’Inps a quando effettivamente è accreditato il primo rateo di pensione sul conto è troppo lungo.

Volendo fare un esempio, per un lavoratore statale che raggiunge il requisito contributivo dei 41 anni a giugno, la pensione partirà dal 1 aprile 2025. Per un lavoratore autonomo, o dipendente del settore privato, che alla stessa data matura i 41 anni di contributi, si partirà dal 1 febbraio 2025. Per cui Quota 103 non è una opportunità da sfruttare.

Conviene sfruttare questo lasso di tempo per accumulare altri contributi, anche sotto forma di versamenti volontari. Per raggiungere la soglia dei 42 anni e 10 mesi  per uscire con la pensione anticipata senza vincoli di età. O 41 e 10 mesi se trattasi di donne. Ma, soprattutto, senza penalizzazioni di calcolo.

Nel frattempo il lavoratore che raggiunge i requisiti per Quota 103 può sfruttare gli incentivi offerti dalla legge. Che prevede il riconoscimento direttamente in busta paga della quota contributiva personale (9,19%). Si tratta del così detto ex bonus Maroni che consente di aumentare lo stipendio dei lavoratori dipendenti che rinunciano a Quota 103 e si trattengono al lavoro ancora qualche anno.

Riassumendo…

  • La riforma di Quota 103 introdotta dal governo penalizza le uscite anticipate a 62 anni
  • La pensione decorre dopo 7 mesi per i lavoratori privati e 9 mesi per quelli pubblici.
  • Pur avendo i requisiti pensione, conviene lavorare ancora e attendere di uscire qualche mese dopo.