In redazione di Investire Oggi è arrivato un interessante quesito sul regime forfettario.

“Fino allo scorso anno ho svolto l’attività di consulente informatico in regime forfettario. A novembre 2022 ho chiuso la partita iva dopo aver accettato una proposta di lavoro dipendente in un’azienda privata. Detto ciò, rispetto alla dichiarazione dei redditi 2022 che presenterò a breve e al calcolo del saldo 2022, come devo trattare le fattura emesse ma non ancora incassate?”

Il regime forfettario. Le peculiarità

Prima di rispondere al quesito del nostro lettore, è utile richiamare le peculiarità del regime forfettario ossia i vantaggi sugli adempimenti fiscali per chi decide di aprire la partita iva in regime forfettario.

In particolare, il contribuente in regime forfettario non è tenuto agli adempimenti Iva:

  • registrazione delle fatture emesse (articolo 23 del D.P.R. n. 633 del 1972);
  • registrazione dei corrispettivi (articolo 24 del medesimo D.P.R.);
  • registrazione degli acquisti (articolo 25 del medesimo D.P.R.);
  • tenuta e conservazione dei registri e documenti (articolo 39 del medesimo D.P.R.), fatta eccezione per le fatture e i documenti di acquisto e le bollette doganali di importazione;
  • dichiarazione annuale IVA (articoli 8 e 8-bis del D.P.R. n. 322 del 1998).

Anche sugli accertamenti può sfruttare alcuni vantaggi. Al pari delle partite iva in regime ordinario o semplificato.

Tuttavia, il contribuente in regime forfettario è comunque tenuto alla numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali; alla certificazione dei corrispettivi; all’integrazione delle fatture in reverse charge.

Regime forfettario e P. Iva cessata. Le fatture non incassate vanno dichiarate?

Venendo al quesito riportato in premessa, il forfettario dichiara il reddito sulla base degli incassi, dunque la fattura emessa concorre al reddito solo se è stato incassato il relativo compenso/ricavo (principio di cassa). Ciò vale tanto per il professionista in regime forfetario tanto per l’impresa.

In base alla indicazioni di cui alla circolare n°10/e 2016, in caso di interruzione dell’attività:

il contribuente che applica il regime forfetario dovrà adempiere agli obblighi dichiarativi prescritti, compilando il quadro LM del modello UNICO fino all’ultima operazione concernente la riscossione dei crediti; fino a tale data non potrà, pertanto, chiedere la cessazione della partita IVA.

La cessazione della partita Iva non potrà, inoltre, essere chiesta fino a quando non siano state ricevute tutte le fatture relative alle operazioni passive effettuate, tenuto conto dell’ obbligo di regolarizzare delle fatture omesse ovvero emesse in forma irregolare, imposto al cessionario o committente dall’art. 6, comma 8, del D.lgs. n. 471 del 1997.

A ogni modo, il forfettario in presenza di operazioni per le quali non c’è stato un effettivo incasso, può decidere di imputare ai redditi dell’ultimo anno anche i compensi/ricavi  non ancora incassati. In tal modo la cessazione della partita iva sarà legittima.

Dunque, nella prossima dichiarazione dei redditi il contribuente di cui al quesito potrà decidere di pagare le imposte anche sulle fatture non ancora incassate. In tal modo chiuderà ogni “pendenza fiscale”.

Riassumendo…

  • Al regime forfettario si applica il regime di cassa;
  • le imposte devono essere pagate solo su ciò che è stato effettivamente incassato;
  • in caso di cessazione della partita iva, possono essere dichiarate quale reddito anche le fatture non incassate.