I contribuenti in regime forfetario, al pari degli altri contribuenti titolari di partita iva, hanno la possibilità di ridurre il potere di accertamento dell’Agenzia delle entrate. In particolare, gli ordinari termini di accertamento di 5 anni possono essere ridotti a 3 anni.

Per ottenere la riduzione dei termini di accertamento, è necessario rispettare contemporaneamente una serie di requisiti.

Vediamo in che modo il contribuente in regime forfettario può intervenire, riducendolo, sul tempo a disposizione dell’Agenzia delle entrate per far valere i propri poteri di accertamento.

Il regime forfettario 2023. Un cenno

Dopo l’intervento della Legge n°197/2022, Legge di bilancio 2023, possono accedere al regime forfettario coloro i quali:

  • hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 85.000;
  • hanno sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto.

Con ricavi superiori a 85.000 e fino a 100.000 euro, si esce dal regime forfettario con effetto dall’anno successivo a quello di superamento del limite di ricavi/compensi; con ricavi oltre 100.000 euro, l’uscita dal regime forfettario è immediata (regole ordinarie Irpef e IVA a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite di 100.000 euro).

Circa l’obbligo di fatturazione elettronica (ci tornerà utile nel prosieguo) i contribuenti in regime forfettario non sono tenuti alla fatturazione elettronica. Per la precisione, l’obbligo di fattura elettronica c’è solo per i contribuenti in regime forfettario che nell’anno 2021 hanno conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, superiori a 25.000.

Per tutti gli altri soggetti forfettari l’obbligo decorrerà dal 1° gennaio 2024, indipendentemente dai ricavi/compensi conseguiti nel 2022.

Dunque per molti rimane ancora il cartaceo, fatta salva la possibile opzione per la fattura elettronica.

Regime forfettario. Ecco come bloccare gli accertamenti del Fisco con i pagamenti tracciati

In premessa abbiamo accennato al fatto che anche i contribuenti in regime forfettario possono ridurre i termini di accertamento dell’Agenzia delle entrate.

Tale possibilità è disciplinata dall’art.3 del D.Lgs. 127/2015.

Il termine di decadenza di cui all’articolo 57, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e il termine di decadenza di cui all’articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono ridotti di due anni. La riduzione si applica solo per i soggetti passivi di cui all’articolo 1 che garantiscono, nei modi stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati relativi ad operazioni di ammontare superiore a euro 500.

Il requisito della tracciabilità è rispettato se i pagamenti ricevuti ed effettuati non sono effettuati in contanti; dunque sono ammessi strumenti di pagamento quali: bonifico bancario o postale, carta di debito o carta di credito, ovvero assegno bancario, circolare o postale recante la clausola di non trasferibilità.

Si ponga attenzione al fatto che, ai fini della riduzione dei termini di accertamento, non bastano solo i pagamenti tracciati.

Infatti, devono ricorrere entrambe le seguenti condizioni:

  • documentazione delle operazioni poste in essere tramite fatturazione elettronica via SdI e/o memorizzazione elettronica ed invio telematico dei dati dei corrispettivi giornalieri;
  • tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati relativi a tali operazioni se di ammontare superiore ad euro 500.

Al ricorrere di tali condizioni, nel modello Redditi sarà necessario barrare la casella RS136 “Esistenza dei presupposti per la riduzione dei termini di decadenza” per ottenere appunto la riduzione di due anni dei termini di accertamento”.

Riassumendo.

  • I contribuenti in regime forfetario, al pari degli altri contribuenti titolari di partita iva, hanno la possibilità di ridurre il potere di accertamento dell’Agenzia delle entrate;
  • in particolare possono essere ridotti da 5 a 3 anni i termini di accertamento che l’Agenzia delle entrate è tenuta a rispettare;
  • a tal fine servono fattura elettronica e pagamenti tracciati.