Reddito di cittadinanza anche per chi è senza fissa dimora. La procedura diventa più semplice dopo il chiarimento del Ministero del Lavoro in materia di concessione del beneficio anche a chi, al momento della richiesta, non risulta iscritto nei registri anagrafici del Comune.

A chiarirlo è la circolare numero 1319 del 19 febbraio 2020 in merito all’accertamento del requisito della residenza in Italia da almeno 10 anni, dei quali gli ultimi due in modo continuativo, come previsto dalla normativa vigente sul reddito di cittadinanza. Per coloro che risultano senza fissa dimora, loro potrà prescindersi dall’accertamento del requisito di residenza formale e continuativa negli ultimi due anni, se procedono alla “ricostruzione sostanziale” della residenza.

La cancellazione dai registri anagrafici

Per cui anche chi al momento della richiesta non ha fissa dimora, potrà comunque beneficiare del reddito di cittadinanza dimostrando e ricostruendo il periodo in cui ha risieduto in Italia negli ultimi due anni antecedenti la richiesta. Il chiarimento del Ministero giunge a seguito di numerose verifiche effettuate dal Inps e dagli uffici anagrafici per persone che non potevano dimostrare una residenza fissa al momento della domanda del reddito di cittadinanza. Al Ministero erano stati segnalati, infatti, numerosi casi di cittadini, italiani e non, che in esito alle verifiche anagrafiche risultavano essere stati iscritti in anagrafe per un periodo superiore ai 10 anni, ma al momento della richiesta non più iscritti perché cancellati per irreperibilità anagrafica, ovvero di cittadini iscritti, residenti complessivamente per un periodo superiore ai 10 anni, ma con una interruzione proprio negli ultimi due, a causa di cancellazione per irreperibilità. Secondo il Minisetro, si può ragionevolmente presumere che in molti casi queste persone siano risultate irreperibili all’indirizzo indicato in anagrafe per aver perso la disponibilità dell’alloggio in ragione della loro condizione di povertà e/o disagio sociale.

L’iscrizione all’anagrafe

Secondo quanto previsto dalla circolare del Ministero del lavoro, il reddito di cittadinanza spetta quindi anche ai senza fissa dimora, poiché tali persone si presumono residenti nel territorio nazionale, purché sia dimostrata l’anzianità anagrafica di almeno 10 anni.

L’art. 2 della della legge anagrafica numero 1228 del 1954 dispone, poi, che la persona senza fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio. Pertanto il Comune interessato dovrà provvedere all’iscrizione del soggetto nei rispettivi elenchi anagrafici. A quel punto, per il Ministero del lavoro risulta soddisfatto il requisito dei due anni continuativi di residenza sul territorio italiano ai fini della concessione del reddito di cittadinanza. In altre parole, il requisito sostanziale derivante dalla ricostruzione della residenza anagrafica pregressa del richiedente senza fissa dimora è sufficiente e più importante di quello formale.

I controlli

Chi è senza fissa dimora e richiede il reddito di cittadinanza, quindi, dovrà dichiarare la sussistenza del requisito di residenza in Italia per almeno 10 anni e, in particolare, della residenza continuativa negli ultimi due anni specificando il Comune in cui è residente o domiciliato. I servizi anagrafici comunali effettueranno i controlli di merito e ricostruiranno il percorso di residenza del soggetto anche con l’ausilio della persona interessata. In assenza di tali riscontri il requisito sarà considerato non soddisfatto e il richiedente non potrà conseguire il reddito di cittadinanza. L’opportunità è offerta soltanto ai richiedenti cancellati dai registri anagrafici di un Comune per irreperibilità, ad esclusione del caso di cancellazione per mancato rinnovo del permesso di soggiorno o carta di soggiorno, e a patto che non ci sia stato trasferimento all’estero.