Quota 100 per la pensione a 62 anni: sul fronte previdenziale è, insieme a reddito e pensione di cittadinanza, l’argomento più discusso degli ultimi tempi, in attesa di leggere la bozza della Legge di Bilancio 2019. E’ sulla bocca di tutti, esperti e non, e rappresenta anche uno dei cavalli di battaglia del governo Lega-5 Stelle. Per i lavoratori potenzialmente interessati si tratta di sapere quando e come si potrà andare in pensione con la quota 100 mentre ai più giovani intuitivamente interessa sapere se con la riforma pensioni sarà garantito il turn over generazionale di cui tanto si parla.

Ma gli addetti ai lavori stanno approfondendo anche alcuni aspetti più tecnici della quota 100 e dei suoi effetti. Tra gli imprenditori ad esempio si insinua il timore di non riuscire a far fronte all’ingente spesa per le liquidazioni del Tfr dei dipendenti che andranno in blocco in pensione con la quota 100. Sulla carta è vero che il Tfr viene accantonato in azienda ma, realisticamente, quante volte questo accade sul serio?

A questo si aggiungono altre preoccupazioni per gli effetti pratici della quota 100:

– da un lato per gli imprenditori le risorse non sono solo numeri e sostituire i lavoratori esperti che vanno in pensione con giovani disoccupati inesperti e da formare non può essere la stessa cosa sul piano della produttività;

– dall’altro per chi va in pensione con la quota 100 potrebbe scattare il divieto di arrotondare l’assegno facendo un secondo lavoro. I tecnici stanno vagliando se imporre un divieto di cumulo assoluto o se prevedere un meccanismo di penalizzazione.

Uscita quota 100: quanto bisognerà aspettare per il Tfr?

Tornando alla questione del trattamento di fine rapporto per i dipendenti in pensione con quota 100, ci sono delle differenze sulle tempistiche tra lavoratori pubblici e privati. I primi riceveranno il tfr a rate il cui numero varia in base all’importo da versare.

Si va da una soluzione unica (per importi non superiori a 50 mila euro) a due (fino a 100 mila euro) o tre (per tfr superiori a 100 mila euro). Chi va in pensione non si potrà aspettare il tfr prima di un anno dall’ultimo giorno di lavoro (termini che possono anche raddoppiare in caso di dimissioni o licenziamento).

Solo per decesso o sopraggiunta inabilità i tempi si accorciano. Mediamente invece le tempistiche di corresponsione del tfr per i dipendenti privati sono più veloci. Al momento non è ancora dato sapere se, viste e considerate le possibili difficoltà di cui sopra, ai datori di lavoro sarà concesso più tempo per versare il tfr ai dipendenti che vanno in pensione con la quota 100.