I lavoratori che prestano la propria attività con orario ridotto prenderanno meno di pensione. Questo è abbastanza ovvio perché, che si tratti di un part time orizzontale o verticale, il montante contributivo cresce solo coi versamenti effettuati e che sono commisurati al livello di retribuzione. Stiamo parlando naturalmente dei lavoratori dipendenti, giacché per gli autonomi o i liberi professionisti le regole sono un po’ diverse e non si può nemmeno parlare di part time o full time.

Occorre inoltre precisare che il lavoro part time non influisce sul diritto alla pensione, ma solo sulla misura.

In altre parole i requisiti contributivi sono generalmente rispettati, sia che si tratti di contratto di lavoro a orario ridotto che a tempo pieno. Cambia, invece, l’importo a calcolo che scaturisce dal conteggio dei contributi versati e maturati negli anni.

La pensione del lavoratore part-time

Sapere in anticipo quanto si prenderà di pensione con il lavoro part time non è facile. Dipende da numerosi fattori che incidono sul calcolo della prestazione finale. In linea di massima si può dire, però, che se un lavoratore a tempo pieno prende una rendita di 1.000 euro al mese, uno a tempo parziale del 50% ne prenderà 500.

Sicché, contratti di lavoro part time verticali e orizzontali, sempre più diffusi anche in Italia, sono utili al raggiungimento del diritto alla pensione, ma determinano prestazioni economiche inferiori rispetto ai lavoratori a tempo pieno. Sempre nel rispetto del minimale utile stabilito di volta in volta dall’Inps.

Il minimale di retribuzione

Per quanto riguarda il diritto alla pensione del lavoratore part time, l’Inps precisa che solo se il livello salariale annuo non è inferiore a un certo livello retributivo si ha diritto alla copertura settimanale piena. Più precisamente, ai rapporti di lavoro a tempo parziale si applica un apposito minimale contributivo orario di retribuzione, calcolato rapportando il minimale giornaliero alle giornate di lavoro settimanale a orario normale e dividendo l’importo per il numero delle ore di lavoro normale settimanalmente previste per il tempo pieno:

Nelle ipotesi di orario di 40 ore settimanali, il calcolo per determinare la retribuzione minima oraria è € 53,95 x 6/40 = € 8,09; quando invece l’orario normale è di 36 ore settimanali articolate su 5 giorni, il procedimento per il calcolo è € 53,95 x 5/36 = € 7,49.

Al di sotto di tale soglia il numero di settimane a disposizione per avere diritto alla pensione sarà ridotto.

Il riscatto del periodo di lavoro part-time per la pensione

Detto questo, non tutti sono a conoscenza del fatto che è possibile riscattare il periodo di lavoro part-time non coperto da versamenti contributivi. Per compensare i mancati versamenti, dal 1996, i periodi di lavoro a tempo parziale possono essere riscattati ai fini della pensione, purché non siano stati lavorati.

Per fare questo si  può presentare una richiesta di riscatto online all’Inps. Il che val bene soprattutto per chi ricade nel sistema pensionistico puramente contributivo, cioè per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995. Per queste persone i requisiti per percepire la pensione al compimento dei 67 anni possono essere soddisfatti solo se la pensione non è inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. L’importo dell’assegno sociale che ammonta nel 2023 a 503,27 euro al mese.

Riassumendo…

  • Lavorando part time si prende meno di pensione rispetto a chi lavora a tempo pieno.
  • La riduzione della pensione è commisurata al livello di retribuzione.
  • Il contratto di lavoro part time o full time non influisce sul requisito contributivo.
  • Il periodo part time non coperto da contribuzione può essere riscattato.