Il Tfr torna a essere più attrattivo dei fondi pensione. E anche di parecchio. Nel 2022 il rendimento del trattamento di fine rapporto, è salito del 8,3% dopo anni di anemia a causa dei tassi a zero. Un balzo in avanti causato dall’impennata dell’inflazione in Italia.

Come noto il Tfr, cioè quella quota di retribuzione dei lavoratori dipendenti che viene accantonata ogni mese dal datore di lavoro, si rivaluta annualmente nella misura del 1,5% fisso + 0,75% dell’indice di inflazione determinato dall’Istat.

Tfr batte fondi pensione

Al contrario, i rendimenti dei fondi pensione sono crollati mediamente del 10% lo scorso anno. Il che significa che fatta 100 la quota destinata alla previdenza complementare da parte dei lavoratori un anno fa, oggi si ritrova in tasca 90. Chi, invece, non ha conferito il Tfr ai fondi lasciando i soldi in azienda si ritrova in tasca 108. Una bella differenza.

Ma cosa è successo esattamente? Ebbene per spiegarlo in parole semplici, bisogna innanzitutto comprendere bene il funzionamento dei fondi pensione e del Tfr. Mentre i primi investono soldi sui mercati azionari e obbligazionari, i secondi restano fermi in una sorta di salvadanaio, custoditi dal datore di lavoro e a disposizione del lavoratore.

Chiaramente destinando periodicamente quote del Tfr ai fondi pensione con la promessa di una decente pensione integrativa, ci si accolla dei rischi che non sempre, anzi quasi mai, sono portati a conoscenza del lavoratore. Se poi le cose vanno bene, tutti contenti, ma quando vanno male, come lo scorso anno, allora addio prodotti.

Inutile ribadire che il Tfr nei momenti di crisi rappresenta un’ancora di salvattaggio e un punto di appoggio che non trova eguali. I fondi pensione, al contrario, sono soggetti alle oscillazioni dei mercati. Non falliscono, ma nei casi peggiori rischiano di assorbire anche perdite consistenti, come accaduto lo scorso anno in Gran Bretagna.

Fondi pensione: 12 mesi da dimenticare

Ma veniamo ai dati per comprendere meglio l’entità del disastro dei fondi pensione nel 2022, quelli ufficiali diffusi dalla Covip. Secondo la Commissione di Vigilanza, nel 2022 i rendimenti netti sono stati pari a

  • -9,8% per i fondi negoziali,
  • -10,7% per i fondi aperti
  • -11,5% per i PIP (Piani pensionistici individuali) di ramo III.

Valutando ile performance nell’arco di 10 anni, dal 2013 al 2022, il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato del 2,2% per i fondi negoziali, del 2,5% per i fondi aperti a fronte di una rivalutazione del Tfr del 2,4%. Quindi quasi pari.

In 12 mesi, oltre 300 fondi aperti, hanno perso mediamente il 10% del proprio valore (dati Fida) a causa del crollo delle borse. Un tonfo che equivale a quasi 10 anni di crescita pregressa e ammonta a 7,7 miliardi di euro. In altre parole, chi ha investito soldi nei fondi 10 anni fa oggi si ritrova la stessa somma versata. Chi ha investito dopo, ha perso soldi.

Questo significa che se la pensione integrativa prospettata al lavoratore fosse stata di 100, col crollo dei mercati sarà inferiore. Di quanto non si può stabilire perché dipende da molti fattori, compresa la durata della destinazione del Tfr al fondo prescelto. Ma di certo sarà più bassa di quanto promesso.

Ma gli iscritti ai fondi pensione aumentano

Di fronte a questa Caporetto finanziaria, l’industria miliardaria dei fondi pensione punta a incrementare la raccolta. Non certo nell’interesse dei lavoratori. Di fatto il numero delle adesioni è in costante crescita anche per via degli sconti fiscali e della martellante attività sindacale (i sindacati siedono nei consigli di amministrazione dei fondi pensione).

Poi basta raccontare sui media che il futuro è incerto e che l’unica strada per garantirsi una pensione adeguata è quella di integrarla destinando il Tfr ai fondi pensione.

Il gioco è così fatto e i lavoratori intimoriti aderiscono a testa bassa. Allo scopo è stato introdotto dallo Stato anche il silenzio assenso per i nuovi assunti, così da fare in modo che il loro Tfr finisca nel tritacarne dei fondi pensione senza manco accorgersene.

Basterebbe questo per far desistere migliaia di lavoratori a tenersi stretto il Tfr. Senza nemmeno analizzare l’andamento dei fondi e le perdite realizzate lo scorso anno. Soldi che sono andati in fumo e che non potranno produrre rendita al momento opportuno del riscatto.