Con il rincaro prezzi, pensioni che non aumentano e riforma pensioni ancora in stallo, ormai anche prodotti semplici, come una pizza, sembrano inaccessibili.

Se in precedenza un pensionato decideva di mangiare una pizza due/tre volte al mese, oggi si trova costretto a rivedere questa parte del proprio stile culinario. A Napoli, prima del Covid, una margherita, costava in media 4,50 euro. Oggi, un aumento anche di 1 euro.

Buttandosi su pizze più elaborate e che richiedono utilizzo di una pluralità di prodotto, si arriva a pagare anche oltre i 10 euro.

Aggiungiamo poi l’aumento anche dei prezzi di bevande ed altri prodotti consumati dal commensale.

Questo significa che un pensionato che decide di recarsi in pizzeria una sera per degustare una buona pizza, in compagnia di moglie e figli, deve mettere in conto una spesa di oltre 120 euro. Un peso sul bilancio mensile di non poco, vi sto che in Italia ci sono pensionati che vivono anche con meno o poco più di 1.000 euro.

Assegno mensile basso e riforma pensioni in stallo

Gli italiani (e non solo) negli ultimi mesi si trovano a fare i conti con un rincaro prezzi sconsiderato. Dal pane alla pasta, dal carburante all’abbigliamento e per finire il caro bollette (luce, gas, ecc.). Se poi si considera che l’incremento non è accompagnato da un adeguato aumento di stipendi e pensioni, le difficoltà di arrivare alla fine del mese sono notevoli.

Dopo la pandemia è arrivato il conflitto tra Russia e Ucraina, con la minaccia di una terza guerra mondiale, ad aggravare il quadro. A seguito di ciò, uno stop è arrivato anche per la ripresa dei tavoli di confronto tra Governo e Sindacati sul tema della riforma pensioni.

Dalla farina alla mozzarella, prezzi alle stelle

Una situazione di notevole sfiducia accompagna, dunque, cittadini e mercati. Se anche poter andare a degustare un prodotto nato come cibo per “poveri”, fatto a base di acqua e farina è ormai diventato quasi un lusso, la situazione deve considerarsi davvero preoccupante.

Oggi per un gestori di pizzeria i costi della materie prime sono quasi triplicati. Parliamo di 10 euro in più per ogni 100 kg di farina rispetto al passato. Patate, pomodori, olio, mozzarella. Tutto lievitato.

Dietro questi aumenti si nasconde, però, anche un po’ di speculazione a monte (che l’esecutivo farebbe bene a tenere sotto freno mediante gli opportuni controlli). Cosa, questa, che alla fine grava sulle parti più deboli della filiera, ossia esercente e consumatore finale.