Quando si va in pensione dopo anni di lavoro si deve recuperare pure il TFR (Trattamento di fine rapporto). Questo vale nel pubblico e nel privato, perché durante la carriera un lavoratore mette da parte circa una mensilità di stipendio all’anno alla propria buonuscita o alla propria liquidazione come sovente vengono chiamate queste indennità. Tra settore pubblico e settore privato però cambiamo le tempistiche di pagamento di questi soldi accantonati mese dopo mese dai lavoratori durante la carriera. Oggi per esempio rispondiamo al quesito di un lettore che da 12 mesi attende la liquidazione.

“Salve, sono un ex lavoratore della scuola, in pensione da settembre 2022. Dopo tanti anni di carriera lo scorso anno finalmente è arrivato il momento del riposo. Ma volevo capire quando potrò venire in possesso del mio Trattamento di Fine Servizio. La liquidazione non mi è ancora arrivata. Presto si sposerà mio figlio e volevo aiutarlo. Come posso vedere quando prenderò il TFS?”

Quando arriva il TFR dopo essere andato in pensione? Ecco come funziona

Tutti i dipendenti pubblici che cessano dal servizio, alla stregua dei dipendenti del settore privato hanno diritto alla buonuscita. Gli statali quindi hanno diritto al TFS, Trattamento di fine servizio o al TFR, Trattamento di fine rapporto. Anche se spesso si confondono tra loro, il TFS è una prestazione di natura previdenziale, con accantonamenti che fanno in misura diversa tra loro i lavoratori e i datori di lavoro, mentre il TFR è solo un accantonamento di stipendio.

La sostanza non cambia, perché si tratta di soldi che il lavoratore deve percepire al termine della sua carriera, o nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro con un determinato datore.

Statali e privati, cosa cambia per la buonuscita?

Una differenza che riguarda gli statali e che parte dalla data di assunzione, perché nel TFR rientrano i lavoratori assunti a tempo indeterminato dal 1° gennaio 2001 oppure quelli assunti prima, ma che hanno aderito ad un Fondo pensione complementare. Gli altri assunti a tempo indeterminato, cioè prima del 1° gennaio 2001, rientrano nel perimetro del TFS.

Tra settore pubblico e settore privato le differenze nella liquidazione di questi emolumenti sono soprattutto nelle tempistiche come accennavamo in premessa. Per un lavoratore dipendente del settore privato il TFR si prende genericamente entro un mese o un mese e mezzo dalla cessazione del rapporto di lavoro. Per i dipendenti pubblici i tempi sono più lunghi, suscettibili anche di variazioni significative in base alla motivazione che ha portato all’interruzione del rapporto di lavoro.

Ecco i termini di incasso della buonuscita per i lavoratori statali

In linea generale possiamo dire che la liquidazione per gli statali scatta entro 90 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro solo nel caso essa spetti agli eredi, e quindi in caso di prematuro decesso del dipendente pubblico. Stessa tempistica nel caso di cessazione del rapporto di lavoro per sopraggiunta disabilità del lavoratore. Serve attendere un anno dalla cessazione invece per chi ha raggiunto il limite ordinamentale di permanenza in servizio. Chi invece perde il lavoro per altri motivi, dal licenziamento alle dimissioni e per finire ai pensionamenti prima del raggiungimento del limite di età e di servizio, deve attendere 24 mesi.

Anche tre mesi in più per ricevere il TFR o il TFS

A queste tempistiche vanno aggiunti i 3 mesi di tempo che in genere gli enti si riservano per espletare la pratica. Nel settore pubblico poi, con la nascita di alcune misure di pensionamento anticipato, i tempi di attesa si sono estesi. Perché per esempio, quando fu varata nel 2019 la quota 100, fu deciso che il TFS o il TFR andava liquidato con le tempistiche prima citate, solo dopo che il lavoratore aveva raggiunto l’età anagrafica per il diritto alla pensione ordinaria. Stessa cosa per l’attuale quota 103.

Liquidazione a rate, cosa cambia in base all’importo di TFR o TFS spettante

Oltretutto ci sono limiti anche per quanto riguarda la liquidazione intera del trattamento. L’unico modo per averlo tutto insieme è che sia inferiore a 50.000 euro. Invece viene diviso in due rate nel caso in cui sia superiore a 50.000 euro ma non superiore a 100.000 euro. E si tratta di due rate annuali di pari importo. Diventano 3 le rate invece per chi ha da prendere un trattamento di fine rapporto o servizio superiore a 100.000 euro. E sempre rate annuali. In questo caso le rate slittano di 12 e 24 mesi rispetto alla data di decorrenza della prima rata.

Anticipo per gli statali, ma a che prezzo? Ecco dentro le banche

Le complicazioni nell’ottenere l’anticipo della liquidazione nel pubblico impiego hanno portato i legislatori anche a tirare dentro le banche in queste operazioni.

Nel 2019, contestualmente al varo della quota 100, con il decreto n° 4 (c.d. decretone, che ha dato i natali pure al reddito di cittadinanza), fu introdotta la possibilità di prendere in anticipo la liquidazione.
In pratica chiedendo un anticipo a una banca, i dipendenti pubblici che cessano o sono cessati dal servizio per collocamento a riposo, possono godere di un anticipo fino a 45.000 euro del loro TFR o TFS. A far data dal 1° febbraio 2023, gli iscritti alla Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali cessati dal servizio, possono richiedere l’anticipo all’INPS, che lo erogherà applicando il tasso di interesse fisso all’1%.

Cambiano i termini dell’incasso della liquidazione in base alla misura di pensione scelta per lasciare il lavoro

Tornando al quesito del nostro lettore va detto che non sapendo quale è la misura che gli ha permesso di andare in pensione, non possiamo dirgli con esattezza se deve aspettare ancora 3 mesi oltre ai 12 già passati o se deve considerare il termine dei 24 mesi.

Come detto in precedenza, se la cessazione del rapporto di lavoro è sorto per pensionamento con le misure di anticipo in deroga alla legge Fornero, l’attesa è di 24 mesi a cui aggiungere i tre mesi di gestione pratica dell’ente.