Quante volte abbiamo sentito dire che i fondi pensione sono la via maestra per ottenere una pensione negativa? Quante volte ci hanno raccontato che il Tfr lasciato in azienda non è in grado di rendere come i fondi pensione?

Certo, con i tassi a zero per quasi un decennio, i gestori (banche e assicurazioni in primis) hanno avuto gioco facile nello snocciolare numeri che non erano paragonabili a quelli del Tfr. Merito del rialzo dei prezzi delle obbligazioni e dei titoli di stato, di cui i fondi sono pieni zeppi.

Ma anche delle performance dei mercati azionari.

I rendimenti dei fondi pensione sono aleatori

E finché le cose vanno bene si cavalca l’onda e tuti contenti. Ma appena le cose vanno male, cioè se i mercati si girano o l’inflazione torna a correre? Tutti a tentare di nascondere la verità. E’ successo in Gran Bretagna e lo Stato è dovuto intervenire a tamponare la falla per evitare un effetto domino. Ma a caro prezzo perché pagheranno tutti i contribuenti. E non è ancora finita perché non tutte le perdite emerse sono state acclarate.

Del resto, in finanza non esistono pasti gratis (i fondi pensione investono denaro in borsa) e quello che si guadagna prima lo si perde dopo. Tant’è che i documenti informativi dei fondi pensione, quelli scritti in piccolissimo che vengono fatti firmare ai lavoratori al momento dell’adesione, spiegano bene quali sono i rischi. Si avvisa che i rendimenti passati non sono garantiti anche in futuro.

Insomma già questo dovrebbe far desistere dal destinare il proprio Tfr ai fondi pensione. Perché si tratta di investire soldi che servono per ottenere una rendita integrativa in mercati, con svariati gradi di rischio. Il che va bene per un trader, un investitore, ma non per un lavoratore che punta ad ottenere una previdenza supplementare al momento dell’uscita dal lavoro.

I fondi pensione non battono il Tfr

Quello che racconta la stampa circa i rendimenti dei fondi pensione e i dati snocciolati dalla Covip non è falso. Solo si presenta la faccia della medaglia che più fa comodo per intrappolare i lavoratori. Raccontare genericamente che i fondi pensione hanno battuto il Tfr è sbagliato. Il paragone non regge. Innanzitutto i fondi pensione sono più di 200 e non tutti possono vantare le stesse performances. Poi, all’interno dei fondi, ci sono diverse linee di gestione che vanno dall’obbligazionario, all’azionario, passando dagli investimenti monetari (titoli di stato).

Raccontare quindi che negli ultimi 6 anni il rendimento medio annuo dei fondi pensione è stato del 3,18%, a fronte di un tasso di rivalutazione medio annuo del Tfr pari all’1,82% è fuorviante per non dire ingannevole. Se prendiamo le linee monetarie dei fondi pensione, ad esempio, quelle che più si adattano al confronto, ci accorgiamo che i rendimenti, al netto dei costi di gestione, sono stati del 1,81%. Quasi in linea con il Tfr.

Ma non possiamo paragonare i rendimenti dei fondi azionari con il Tfr, sarebbe come comparare l’acqua col vino. Eppure ci fanno credere questo parlandoci di fondi negoziali, aperti, chiusi, semichiusi, Pip III, ecc. Ma non ci parlando delle performances giuste, cioè dei rendimenti delle linee monetarie, quelle che più verosimilmente possono essere paragonate al Tfr che si rivaluta sempre seguendo il tasso d’inflazione.

Il Tfr lasciato in azienda è sicuro

Quindi dire che i fondi pensione abbiano battuto il Tfr in tutto e per tutto è sbagliato. E l’esplosione dell’inflazione ha messo a nudo queste criticità confermando che investire il proprio denaro in fondi pensione può essere rischioso se non si sceglie il profilo adeguato. Lo confermano i numeri.

Nei primi 9 mesi del 2022 – secondo i dati ufficiali – con l’esplosione dell’inflazione i fondi hanno perso anche più del 12%.

Difficile recuperare in fretta una perdita simile che, nel complesso, rappresenta il 5,1% del patrimonio complessivo dei fondi pensione in Italia (10,9 miliardi di euro).

Viceversa i soldi lasciati in azienda hanno fruttato più del 5%, sempre nello stesso periodo di riferimento. Va ricordato che il Tfr si rivaluta per legge ogni anno del 1,50% + lo 0,75% dell’inflazione. Quindi i soldi dei lavoratori restano al sicuro.

Anche in caso di fallimento del datore di lavoro, lo Stato li garantisce attraverso l’Inps. Nemmeno i fondi pensione falliscono, ma possono perdere anche il 70-80% se i mercati crollano. E poi che tipo di pensione integrativa salterà fuori alla fine per i lavoratori? Se va bene si ottiene quanto offerto dal Tfr, ma se va male la rendita complementare sarà molto magra. Ne vale la pena?