Pignoramento stipendi sospeso fino al 31 agosto. Lo prevede un articolo della bozza del Decreto Rilancio in fase di esame a Palazzo Chigi. Ma non è detto che la misura non possa essere prorogata oltre tale data.

Secondo le prime indiscrezioni, stipendi e pensioni non potranno essere pignorati dall’agente della riscossione fino al 31 agosto 2020. La crisi economica in corso e lo stato di emergenza sanitaria non ancora terminato impongono infatti ai creditori una doverosa pausa nei confronti di lavoratori e pensionati morosi.

Pignoramento stipendi sospesi fino al 31 agosto

Più nel dettaglio, saranno sospesi gli obblighi legati ai pignoramenti prima della data di entrata in vigore del decreto dal creditore delle somme derivanti da stipendio, salario, altre indennità, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza. A decorrere dal primo settembre 2020 cesseranno gli effetti della sospensione riprendendo ad operare gli obblighi che la legge impone al terzo pignorato, nonché quelli derivanti da provvedimenti di assegnazione precedentemente emessi. In altre parole, al termine della sospensione, il datore di lavoro riprenderà a trattenere dalla busta paga la quota pignorata senza necessità di ulteriore comunicazione al lavoratore. Da notare che la sospensione contemplata dal DL Rilancio è valida per pignoramenti di stipendi e pensioni, ma non per altre tipologie di pignoramento in conto terzi, quali ad esempio il conto corrente.

Pignoramento stipendio, come funziona

Sospese anche tutte le pratiche di attivazione del pignoramento di stipendi. Esistono due metodi di pignoramento dello stipendio. Il primo è direttamente presso il datore di lavoro, il secondo presso la banca dove viene accreditato. Il pignoramento dello stipendio presso il datore di lavoro prevede una prima fase in cui il creditore può notificare l’atto di pignoramento al datore di lavoro del debitore. Lo stesso comunica poi al creditore se il lavoratore è a credito.

Successivamente, per poter procedere, le parti verranno convocate davanti al giudice civile per verificare la sussistenza e la consistenza dei debiti e dei crediti dopo di che verrà emanato decreto che autorizza la procedura di pignoramento. Da lì in avanti, il datore di lavoro potrà trattenere un quinto dello stipendio netto che girerà al creditore fino a estinzione del debito. La busta paga conterrà la voce che indica la trattenuta mensile al lavoratore da destinare al creditore. Per effetto del DL Rilancio, tutte queste operazioni sono sospese fino al 31 agosto 2020.

Pignoramento stipendio e limite di legge

Per quanto riguarda i limiti pignorabili dello stipendio, va ricordato che il lavoratore moroso non può essere privato di somme di denaro al di sotto di una particolare soglia. La legge fissa infatti a un quinto l’importo massimo pignorabile in busta paga, al netto di tasse, contributi, crediti, assegni familiari, ecc. Pertanto, se un lavoratore percepisce uno stipendio di 1.200 euro mensili, gli verranno detratte 240 euro. Inoltre, secondo quanto previsto dall’articolo 545 del codice di procedura civile, le somme dovute a titolo di stipendio o salario che sono state già accreditate sul conto bancario o postale intestato al debitore prima del pignoramento possono essere pignorate solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. Nel caso in cui, invece, l’accredito dello stipendio avvenga successivamente o contestualmente al pignoramento potrà essere pignorato entro il limite massimo di un quinto.