Permessi legge 104, il quesito di un nostro lettore.

Da tempo leggo i vostri articoli e le vostre risposte in merito agli argomenti trattati e li ritengo molto esaustivi, per questo motivo ho deciso di portarvi a conoscenza del mio caso. Sono un dipendente del Ministero Difesa e dall’anno scorso ho presentato domanda per usufruire dei 3 giorni di permesso mensili in quanto assisto mio nonno in situazione di gravità L. 104 art.3 comma 3. Mi è stata negata perché a loro dire, esistono altri nipoti in grado di prestare assistenza e quindi hanno deciso loro chi deve assistere il disabile. Sarei grato di una vostra delucidazione in merito ed eventualmente di darvi altre notizie, se richieste, sull’argomento. Distinti saluti e grazie.

Risposta

Evidenzieremo in quest’articolo la normativa sui permessi legge 104 e gli aventi diritto.

L’articolo 33 della Legge 104/1992 prevede che i permessi di tre giorni possano essere concessi anche a familiari diversi dai genitori del disabile grave accertato tale con specifica certificazione di handicap (articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992) dall’apposita Commissione operante in ogni Azienda USL.

L’articolo 24 della Legge 4 novembre 2010, n. 183 ha rimodulato la platea degli aventi diritto, modificando l’articolo 33 della Legge 104/1992.

Secondo la normativa vigente, in assenza di ricovero della persona con handicap grave da assistere, possono godere dei tre giorni di permesso mensile retribuiti e coperti da contributi:

  • il genitore;
  • il coniuge;
  • il parente o l’affine entro il secondo grado (esempio, nonni, nipoti in quanto figli del figlio, fratello).

I parenti ed affini di terzo grado (esempio, zii e bisnonni) possono fruire dei permessi lavorativi solo ad una delle seguenti condizioni:

  • quando i genitori o il coniuge della persona con handicap siano deceduti o mancanti;
  • quando i genitori o il coniuge della persona con handicap abbiano compiuto i 65 anni oppure siano affetti da patologie invalidanti.

La normativa prevede, quindi, la possibilità di passare dal secondo al terzo grado di parentela, oltre che nel caso di decesso del coniuge o dei genitori del disabile, anche qualora questi siano “mancanti”.

Al riguardo, si chiarisce che l’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.

La possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti), poiché nella norma viene utilizzata la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”). (Circolare n. 155 del 03/12/2010)

Con le modifiche introdotte dalla Legge 183/2010 sono scomparsi dalla normativa i requisiti di assistenza esclusiva e continuativa richiesti, in precedenza, nel caso il lavoratore non fosse convivente con la persona con disabilità.

Il datore di lavoro pubblico o privato, ricevuta l’istanza di fruizione all’agevolazione da parte del dipendente interessato, deve verificare l’adeguatezza, la correttezza della documentazione e la ricorrenza dei presupposti legittimanti la concessione e, in base alle risultanze, concede o meno i permessi lavorativi previsti dall’articolo 33 della Legge n. 104 del 1992.

Leggi anche: Fruire dei permessi legge 104 in presenza di altre persone aventi diritto

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