Il lavoratore dipendente che ha necessità di assistere un familiare disabile può godere dei c.d. permessi 104. Si tratta della possibilità di chiedere al datore permessi dal lavoro “retribuiti”.

Il legislatore, tuttavia, individua specificamente chi può chiedere il beneficio. Oltre al disabile (per se stesso), possono usufruire dei permessi 104:

  • genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità
  • coniuge, parte dell’unione civile, convivente di fatto, parenti o affini entro il terzo grado di familiari disabili in situazione di gravità.

Il diritto ai permessi può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado soltanto qualora i genitori o il coniuge o la parte dell’unione civile o il convivente di fatto della persona con disabilità grave abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Gli effetti dei permessi 104 sulla pensione

Una recente novità è che, l’INPS ha aperto la possibilità al beneficio anche all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito. Il tutto nel rispetto del grado di affinità (vedi anche Permessi 104, novità per unioni civili: via libera ai parenti dell’altra parte).

Detto ciò, i permessi 104 sono riconosciuti nel massimo di 3 giorni al mese. Possono essere goduti anche ad ore.

I periodi di permesso sono regolarmente è retribuiti e coperti da contribuzione figurativa valida per il diritto e per la misura della pensione. Ne consegue che, chi gode dei permessi 104 non vedrà compromessi i requisiti contributivi necessari alla pensione.

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