Buonasera,

lavoro in autogrill con un contratto part time misto a 24 ore settimanali il mio problema è questo: sto usufruendo della legge 104 per assistere un disabile avvalendomi dei 3 giorni di permesso della sopracitata legge, ne sto fruendo dal 2008, domanda fatta dal patronato inca di Figline Valdarno e sempre accettata dall’Inps.

Adesso l’inps mi viene a dire che non ho più diritto a tre giorni ma a due per via del mio contratto che nel frattempo non ha subito modifiche. Dopo vari tira e molla l’inps mi dice che ha chiesto alla direzione regionale e mi ha riferito queste testuali parole “Facendo seguito alla PEC del 18.1.18 si comunica che la Direzione Regionale dell’INPS Toscana ha precisato che per il part time misto si opera come per il part time verticale poiché all’interno del mese si registra sia un numero inferiore di giorni che di ore. Quindi è corretto ridurre i giorni a 2, considerando 22 giorni di lavoro effettivi nel mese. Si invita pertanto a voler dare esecuzione a quanto richiesto con la PEC del 24.10.17 e ad attenersi alle presenti disposizioni anche per altri casi analoghi. Cordiali saluti. Il Responsabile dell’Agenzia”.

Adesso l’azienda si sta operando per ritirarmi i giorni fruiti in più dal 2008.

Quello che le chiedo è questo; di quanti giorni ho effettivamente diritto anche pagati a meno ore perché per quello che sono riuscita ad informarmi tutti i partime di autogrill usufruiscono dei tre giorni pagati diversamente in base al loro contratto però sempre tre giorni sono.

Cordiali saluti

 

Non trovo esatto quello che l’Inps le ha riferito.

Partendo dall’assunto che l’Inps considera il part time misto come il part time verticale è bene sapere che con la sentenza della Corte di Cassazione 22925 del 20 settembre 2017, si è stabilito che per un numero di giornate lavorative superiore al 50% di quelle ordinarie spetta allo stesso modo di un lavoro full time, mantenendo, quindi, le 3 giornate mensili di permessi.

La sentenza della Cassazione su part time verticale

I giudici al riguardo premettono che “il permesso mensile retribuito di cui all’art. art. 33, comma 3, L. 104/1992 costituisce espressione dello Stato sociale che eroga una provvidenza in forma indiretta, tramite facilitazioni e incentivi ai congiunti che si fanno carico dell’assistenza di un parente disabile grave.” ed inoltre sulla base della sentenza della Corte Costituzionale n. 213 del 2016, “trattasi di uno strumento di politica socio-assistenziale, che, come quello del congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, è basato sul riconoscimento della cura alle persone con handicap in situazione di gravità prestata dai congiunti e sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale ed intergenerazionale. La tutela della salute psico-fisica del disabile, costituente la finalità perseguita dalla legge n. 104 del 1992, postula anche l’adozione di interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie «il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap» (sentenze n. 203 del 2013; n. 19 del 2009; n. 158 del 2007 e n. 233 del 2005).  Per cui risulta evidente che il  “congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 – è quello di «assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito» (sentenze n. 19 del 2009 e n. 158 del 2007)” e che “la disciplina alla quale occorre fare riferimento è quella dettata dal d. lgs 25 febbraio 2000 n. 61 ( Provvedimento abrogato dal d. lgs 15 giugno 2015 n. 81) di attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES. Tale disciplina, nel ribadire i divieti di discriminazione diretta e indiretta previsti dalla legislazione vigente, ha puntualizzato le implicazioni del divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori a tempo parziale, con particolare riferimento all’ambito di operatività del riproporziona mento in ragione della ridotta entità della prestazione di lavoro”.

Part time verticale: come calcolare i giorni che spettano

Nel part time verticale il dipendente lavora tutta la giornata ma solo alcuni giorni la settimana.

Per il dipendente che lavori almeno 4 giorni su 6 alla settimana spettano 3 giorni di permessi 104.

Negli altri casi il calcolo potrà essere effettuato secondo le regole contenute nella circolare Inps n. 133/2000, ovvero:

x : a = b : c (dove «a» corrisponde al n° dei gg. di lavoro effettivi; «b» a quello dei (3) gg. di permesso teorici; «c» a quello dei gg. lavorativi).

In conclusione

Guardando il suo contratto di lavoro lei mensilmente lavora per una settimana 4 giorni, per una settimana 3 giorni e per 3 settimane 5 giorni per un totale, così come precisa l’Inps stessa, di 22 giorni mensili.

Anche non volendo applicare il fatto che la media settimanale delle sue giornate lavorative è superiore a 4 (e quindi le spettano 3 giorni) anche applicando il calcolo della circolare INPS 133 del 2000 i giorni di permesso che le spettano su 22 giorni lavorativi a settimana è comunque 3 al mese.

Il mio consiglio è quello di presentare un ricorso all’Inps allegando la sentenza della Corte di Cassazione e della circolare Inps in questione per far valere i suoi diritti.

Leggi anche: Permessi legge 104 a ore con contratto part time, quando è possibile e quante ore spettano?

Per dubbi e domande contattami: [email protected]