Ci sono misure e prestazioni che l’INPS eroga ai lavoratori sia durante il periodo di lavoro che dopo. Dalle indennità e dai sussidi alle pensioni, sono davvero tante le misure appannaggio dei lavoratori che si possono sfruttare. E in alcuni casi le misure si incastrano tra loro, portando un lavoratore dal perdere un posto di lavoro, alla pensione, passando per indennità e aiuti sotto forma di ammortizzatori sociali. Una misura tra il previdenziale e l’assistenziale per esempio, è l’Ape sociale, che si incastra con l’indennità per disoccupati perché è appannaggio proprio di chi perde il lavoro.

Ma lo è anche la quota 41, anche se si tratta della misura destinata ai lavoratori precoci.

“Buonasera, sono Renato, lavoratore dipendente di una ditta di importazioni che ha maturato 39 anni di contributi versati a febbraio del 2023. Il mio datore di lavoro, per questioni interne alla sua azienda, ha deciso di ridurre il personale. Io sono tra quelli che verranno licenziati. Credo, dopo le ferie estive. Mi mancavano pochi anni ai 42,10 della pensione anticipata. Avevo calcolato di andare in pensione nel 2026, in tempo utile prima che i requisiti per le pensioni anticipate salissero dal 2027. Invece adesso mi fermo a 39 anni di carriera, senza lavoro e anche senza futuro. Perché prenderò due anni di NASPI e poi?

Secondo voi posso rientrare nella quota 41 per i precoci? Credo di avere oltre un anno di contributi effettivamente versati quando ero minorenne. Però dovrei controllare meglio. Ma ci sono possibilità?”

Pensione anticipata, l’età non conta, prima la NASPI, poi la quota 41

Andare in pensione con la quota 41 per i lavoratori precoci è una alternativa perfettamente valida alla pensione anticipata ordinaria. Perché le due misure sono parallele non prevedendo in nessun caso limiti di età. Basta raggiungere la giusta anzianità contributiva. Misure parallele perché, oltre a non avere il requisito anagrafico, hanno una decorrenza spostata di 3 mesi per via della finestra, e perché servono 35 anni di contributi versati ma effettivi, cioè senza considerare i figurativi da malattia e disoccupazione.

La pensione anticipata ordinaria si completa con 42,10 anni di versamenti per gli uomini e 41,10 di versamenti per le donne.

La quota 41, come si evince dal suo stesso nome, prevede 41 anni di contributi. Uno di questi 41 anni deve essere antecedente, anche se discontinuo, ai 19 anni di età. E poi la quota 41 è destinata a caregiver, invalidi, lavori gravosi e disoccupati. Sì, proprio i disoccupati che alla perdita del lavoro, possono godere della NASPI. Anzi, per poter sfruttare la quota 41, il disoccupato deve prima aver terminato di prendere tutta la NASPI assegnatagli dall’INPS.

Quanto dura la NASPI e come si passa alla quota 41 precoci

La NASPI ha una durata pari alla metà delle settimane lavorate nei 4 anni precedenti l’ultima perdita del posto di lavoro. Chi ha lavorato tutti gli ultimi 4 anni ininterrottamente, può prendere massimo 24 mesi di indennità per disoccupati. La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, da cui l’acronimo di NASPI funziona esattamente così. E si incastra con la quota 41, perché evidentemente per poter andare in pensione con questa misura, un disoccupato deve terminare di percepire tutti i 24 mesi di NASPI e poi può presentare domanda di quota 41. Un vincolo che non può essere dribblato questo.

Il nostro lettore si trova proprio davanti a questa condizione. A settembre dovrà presentare domanda di NASPI, sempre che perda davvero il posto di lavoro. E che la perdita del posto di lavoro sia, come lui sostiene, per licenziamento. Perché se si dimette volontariamente, non potrà percepire la NASPI oggi e non potrà soddisfare i 24 mesi di sussidio per disoccupati, poi utili alla sua quota 41 per i precoci.

La contribuzione effettiva da lavoro non considera la NASPI

Il nostro lettore oggi non avrebbe in ogni caso accesso alla quota 41 per i precoci, non avendo 41 anni di contributi versati.

Ne ha infatti solo poco più di 39. I due anni trascorsi in NASPI però sono anni coperti da contributi figurativi. Significa che il nostro lettore arriverà a 41 anni di contributi al termine della NASPI. Occhio però al vincolo dei 35 anni di contributi effettivi che servono, come dicevamo prima, per la quota 41. Perché bisogna vedere come questi due ultimi anni trascorsi in NASPI, incidano su questo ennesimo requisito. Perché se il nostro lettore non ha già maturato oggi 35 anni di contributi (o meglio se a settembre non ha 35 anni di contributi effettivi), i due anni in NASPI non basteranno.

Un esempio chiarirà meglio questo determinante aspetto. Se il nostro lettore a settembre avrà 39 anni e 6 mesi di contributi, di cui 34 effettivi e 5 anni e 6 mesi da vecchie disoccupazioni e vecchie malattie, dopo i due anni di NASPI si ritroverebbe con 41 anni e 6 mesi di contributi totali. Quindi anche oltre la soglia della quota 41. Ma gli mancherebbe un anno di contributi effettivi, visto che i due anni di NASPI andrebbe ad aumentare i 5,6 anni di figurativi già presenti, ma non i 34 anni effettivi.