Opzione Donna rappresenta una della forme di pensionamento anticipato di successo. Introdotta dalla legge Maroni del 2004, è stata inserita nella legge Fornero e poi continuamente prorogata fino ai giorni nostri.

Come noto, Opzione Donna prevede l’uscita anticipata dal lavoro a 58 anni di età (59 per le autonome) con almeno 35 anni di contributi versati. La pensione decorre dopo 12 mesi dalla richieste (dopo 18 per le autonome).

Opzione Donna, perché è un lusso

Si dice spesso che Opzione Donna rappresenti un lusso. Ma perché? Di fatto, le lavoratrici che decidono di andare in pensione con questa opzione devono mettere in conto una forte penalizzazione dell’assegno.

La legge prevede infatti che le lavoratrici che scelgono di abbandonare il lavoro con Opzione Donnai subiscano un taglio corposo dell’assegno mensile. Ciò scaturisce dal fatto che il calcolo della pensione avviene esclusivamente con il metodo contributivo. In pratica, i periodi di lavoro e versamenti che ricadono nel sistema retributivo (ante 1996) sono “migrati” e considerati come se ricadessero nel sistema contributivo.

Quindi per la generalità delle lavoratrici la pensione così calcolata rischia di essere insufficiente per vivere. A meno che si disponga di altre entrate o che in famiglia vi sia qualcuno in grado di sopperire con altri redditi al taglio della pensione.

Quanti soldi si perdono di pensione

Ma veniamo ai calcoli da fare per chi decide di andare in pensione con Opzione Donna. Prendiamo ad esempio una impiegata che dopo 35 anni di lavoro si ritrova un monte contributivo di circa 245 mila euro.

Tenuto conto del sistema di calcolo contributivo e del relativo coefficiente di trasformazione (4,289%), Opzione Donna genera una pensione di 10.508 euro all’anno. Un importo che equivale a 808 euro lordi al mese.

La stessa lavoratrice andando in pensione a 67 anni con lo stesso monte contributivo, ma con coefficiente di trasformazione più alto (5,575%) riceverebbe un assegno di 13.658 euro, pari a 1.050 euro al mese.

Quindi il 23% in più solo considerando la differenza di età anagrafica.

Se poi a ciò aggiungiamo il fatto che a 67 anni la lavoratrice andrebbe in pensione con il sistema di calcolo misto, la differenza sarebbe molto più ampia.