Quota 41 è inapplicabile, costa troppo, circa 9 miliardi ogni anno. Purtroppo, stante il livello di debito pubblico accumulato dallo Stato, non sarà possibile percorrere questa strada per il dopo quota 100.

E’ questo in sintesi il quadro della situazione alla vigilia di una importante riforma delle pensioni, il cui dibattito politico riprenderà a settembre. La fine di quota 100 determinerà inevitabilmente uno scalone con i requisiti previsti dalla riforma Fonero.

Quota 41 costa 9 miliardi all’anno

La proposta avanzata dai sindacati di consentire l’uscita dal lavoro con “Quota 41” di contribuiti indipendentemente dall’età anagrafica costerebbe il 1 anno 9 miliardi di euro.

Lo afferma il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Secondo il numero uno dell’Istituto, per  sostituire quota 100

la strada da seguire è quella di approfondire gli strumenti che già oggi permettono di lasciare il lavoro a 63 anni come l’Ape sociale. La fine di Quota 100 non è la fine del mondo. Credo che si debba consentire di anticipare il ritiro dal lavoro, prima dei 67 anni, a coloro che svolgono mansioni gravose, ad esempio chi fa i turni i notte, come già avviene. Va allargato il numero di mansioni gravose”.

Al momento il governo non si è ancora espresso sulle ipotesi di riforma delle pensioni. Segno che ci sono difficoltà a trovare una soluzione. Dal premier Draghi al ministro del Lavoro Orlando non trapela nulla, ma il tempo stringe.

Le alternative a quota 100

Una delle ipotesi di riforma attuabile sarebbe quella di una pensione anticipata flessibile per tutti. Tridico l’aveva già detto in precedenza e torna a riproporlo, anche se i sindacati avevano già espresso il loro punto di disaccordo.

La pensione flessibile si baserebbe sull’anticipo della sola quota contributiva della pensione a 63 anni. Mentre il resto arriverebbe al compimento dei 67 anni. Secondo il presidente dell’Inps la pensione flessibile così concepita

garantisce flessibilità per la componente contributiva dell’assegno pensionistico con costi molto più bassi per il sistema. L’impegno di spesa parte da meno di 500 milioni nel 2022 e raggiungerebbe il massimo costo nel 2029 con 2,4 miliardi di euro“.

Nel lungo periodo questo sistema di liquidazione delle pensioni porterebbe a una riduzione della spesa pensionistica rispetto alla normativa vigente. Ma con impatti chiaramente differenti e diversa sostenibilità sui conti pubblici.