Niente più tagli alle pensioni di medici, infermieri e altre categorie di dipendenti pubblici come preannunciato a inizio mese con la revisione delle aliquote di rendimento. Il maxi emendamento del governo, al vaglio del Parlamento, prevede infatti lo stralcio della bozza di legge che penalizza le categorie di lavori interessati e che porterebbe anche a forti penalizzazioni per chi va in pensione dal 2024.

Una vittoria dei lavoratori e dei sindacati? Niente affatto. La modifica riguarda solo una parte dei contribuenti.

Ovvero coloro che andranno in pensione coi requisiti di vecchiaia, a 67 anni di età. Per chi sceglierà la pensione anticipata, invece, vuoi con Quota 103 piuttosto che con Ape Sociale, i tagli restano. Quindi si tratta di una vittoria a metà che salvaguarda solo i trattamenti ordinari a scapito di tutti gli altri.

Medici e statali, niente tagli se si va in pensione di vecchiaia

Ricordiamo che i tagli alle pensioni inmteressano solo alcune categorie di dipendenti pubblici, fra cui anche i medici, appartenenti a vecchie gestioni pensionistiche. Più esattamente coloro che in passato hanno versato contributi nella Cpdel (cassa per le pensioni degli enti locali), nella Cps (cassa per le pensioni dei sanitari), nella Cpi (cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate) e Cpug (cassa per le pensioni degli ufficiali giudiziari). Casse confluite poi nell’Inpdap e successivamente nell’Inps.

L’art. 33 della legge di bilancio 2024, nello specifico, prevede che coloro che lavorano o hanno lavorato in questi settori e hanno maturato una quota retributiva inferiore a 15 anni subiscano una decurtazione dell’assegno. I tagli sono una conseguenza dell’aggiornamento delle aliquote di rendimento (risalenti al 1965) che implicano un ricalcolo della pensione in senso più sfavorevole.

Nessuna riduzione dell’assegno, invece, se i lavoratori rinunceranno alla pensione anticipata e aspetteranno di compiere i 67 anni (medici di base in pensione a 68 anni di età).

Quindi i tagli restano solo se si decide di lasciare il servizio prima del tempo.

Al sicuro le pensioni degli statali entro fine anno

Oltre a ciò, contrariamente a quanto riportato dalla stampa nei giorni scorsi, il governo ha rassicurato i lavoratori che chi raggiunge i requisiti per la pensione entro il 31 dicembre 2023 non subirà alcuna penalizzazione anche se va in pensione nel 2024. Così, ad esempio, chi può uscire con Quota 103, potrà godere pienamente dei diritti acquisiti anche dopo tale data, senza subire penalizzazioni.

Il governo ha aggiunto, inoltre, che è ancora al lavoro per rivedere l’articolo 33, che taglia le aliquote di rendimento delle pensioni di alcune categorie, nel rispetto dei vincoli di bilancio. I tagli alle pensioni degli statali – secondo indiscrezioni – potrebbero non riguardare tutti i comparti e nemmeno tutti i tipi di pensione anticipata.

Si sta, infatti ragionando, sugli importi. Probabile che venga introdotta una soglia di salvaguardia per le pensioni di importo pari a 4-5 volte il trattamento minimo, mentre saranno applicate le nuove aliquote di calcolo della rendita per gli importi più alti.

Secondo le stime dei sindacati e in assenza di modifiche, il personale in servizio con anzianità nel sistema retributivo rischia una penalizzazione compresa fra il 5 e il 25 per cento della pensione. Colpiti in particolar modo saranno coloro che percepiscono retribuzioni elevate. Quindi, non solo i medici, ma tutti i funzionari e dirigenti pubblici.

Riassumendo…

  • Via i tagli alle pensioni degli statali, ma solo per quelle di vecchiaia.
  • Salvaguardato chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2023.
  • Modifiche ancora in corso per colpire i trattamenti più elevati e salvaguardare le pensioni più basse.