La riforma pensioni è ancora lontana, ma una cosa è certa: quota 100 non sarà rinnovata. A partire dal 1 gennaio 2022 si tornerà alle regole della Fornero, cioè pensione per tutti a 67 anni di età. Prevista anche la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne).

Nel Pnrr da 221 miliardi di euro presentato dal premier Mario Draghi alla Commissione Ue non compare alcun riferimento alle pensioni di quota 100. Né potrebbe esserlo poiché la legge introdotta nel 2019 va a naturale scadenza dopo tre anni, cioè al termine del 2021.

Pensioni novità: cosa ci sarà dopo quota 100

Che succederà dopo? E’ la domanda che si pongono in tanti, soprattutto i nati negli anni 60 e che stanno cominciando a fare i calcoli con l’età delle pensioni. Andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi (quota 100) pare non sia più possibile. E’ una questione di conti, di bilanci e di debito pubblico.

Il governo sta quindi pensando di consentire il pensionamento anticipato a talune categorie di lavoratori, senza stravolgere il sistema pensionistico attuale. In particolare, si recepiscono le indicazioni del presidente dell’Inps Pasquale Tridico che auspica un sistema pensionistico più flessibile.

Ape Sociale

Lavori gravosi e usuranti sarebbero al centro dell’attenzione della riforma pensioni. Distinti canali di uscita già esistenti sarebbero potenziati allargando l’elenco delle mansioni faticose. Per costoro vi sarebbe l’accesso all’anticipo pensionistico previsto per Ape Sociale (con almeno 63 anni di età).

La legge prevede il ricorso a tale misura solo fino alla fine del 2021, ma potrebbe essere prorogata e allargata ad altre categorie di lavoratori. Come i lavoratori fragili, cioè coloro che sono afflitti da particolari e croniche patologie morbose.

Opzione donna

Anche opzione donna potrebbe proseguire e diventare strutturale. Si tratta, come noto, della possibilità di accedere a pensioni anticipate con 58 anni di età (59 per le lavoratrici autonome) e 35 di contributi.

A patto, però, di rinunciare al sistema di calcolo misto e quindi vedersi liquidare la pensione interamente col sistema contributivo.

Una soluzione che penalizza, la momento, fortemente le lavoratrici, ma che con il passare del tempo diventerà meno pesante. In virtù del fatto che saranno sempre meno gli anni a calcolo nel sistema retributivo ai quali rinunciare per accedere a opzione donna.

Pensioni quota 41

Un’altra possibilità per mitigare lo scalone che si verrebbe a creare dopo quota 100 è l’introduzione di quota 41 per le pensioni. Ovvero la possibilità di lasciare il lavoro indipendentemente dall’età con 41 anni di contributi versati. Un taglio quindi di 1 anno e 10 mesi per gli uomini e 10 mesi per le donne rispetto a quanto previsto dalle riforma Fornero.

A spingere verso questa soluzione di compromesso fra quota 100 e ritorno al sistema Fornero è il sottosegretario all’Economia Claudio Durigon. 41 anni di contributi potrebbe essere la soluzione migliore per consentire di lasciare il lavoro in anticipo rispetto al combinato 38 anni di contribuzione e 62 anni di età previsti da quota 100.

E’ infatti riscontrato che molti lavoratori attualmente pur avendo maturato 38 anni di contributi, non hanno l’età e non hanno così possibilità di andare in pensione con quota 100. In alternativa sarebbe plausibile introdurre un sistema flessibile a quota 102.