Chi ha cominciato a lavorare tardi, difficilmente avrà possibilità di raggiungere l’elevato numero di anni di contribuzione versata utile alla pensione in anticipo. Ma sempre per questi lavoratori, difficile anche la pensione ordinaria a 67 anni. Perfino le tanto richieste misure di pensionamento anticipato come la quota 41 per tutti, anche se venisse varata, non risolverebbe la situazione di chi, avendo iniziato a lavorare tardi, non ha maturato la giusta carriera contributiva. Peggiore è la situazione per chi per colpa di tale ritardo, rientra in pieno nel sistema contributivo, con tutte le limitazioni annesse che adesso analizzeremo.

“Buonasera, volevo capire quando potrò andare in pensione io che ho 60 anni di età compiuti, 23 anni di contributi, primo contributo versato da febbraio 1999. Le riforme di cui si parla non mi aiuteranno vero? sono un contributivo puro, ho iniziato a lavorare tardi, con stipendi bassi e bassa contribuzione. Andrò a riposo solo oltre i 70 anni, giusto?”

I problemi attuali del lavoro per alcuni lavoratori si estendono anche al futuro

Carriere corte, iniziate tardi e con assunzioni precarie o come durata del lavoro o come stipendio. Le problematiche del mondo del lavoro oggi sono queste e non possono non intrecciarsi con le problematiche delle pensioni. Perché chi si trova con carriere con tutti i problemi prima citati, dopo le difficoltà della vita lavorativa avrà difficoltà nella vita post-lavoro. Peggio per chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, o per chi prima di tale data non ha nemmeno un contributo versato, anche se figurativo. Perché le regole di pensionamento per questi soggetti sono stringenti.

Una condizione questa che riguarda tutti i giovani di oggi, che stando alle regole attuali del sistema rischiano di dover attendere oltre i 70 anni di età per andare in pensione. Se si guarda al passato, alle vecchie baby pensioni e alle pensioni anticipate pre-Fornero, evidente che le pensioni sono slittate in alcuni casi di oltre 15 anni.

Le pensioni complementari in aiuto ai giovani ed ai contributivi puri

Il governo è conscio di questa situazione, e lo dimostra la piega che sta prendendo il lavoro sulla riforma delle pensioni. Infatti si parla di collegare la pensione pubblica con quella complementare. Potenziare la funzione della previdenza complementare. Una idea che nasce proprio per favorire la pensione per i contributivi puri e soprattutto per i giovani. In un recente incontro, l’Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale e i sindacati al Ministero del Lavoro hanno parlato proprio di previdenza complementare mixata con la previdenza pubblica per favorire l’uscita anticipata per i giovani che oggi hanno 35 anni di età. Ma il discorso può allargarsi a tutti i contributivi puri, dal momento che man mano che passano gli anni saranno sempre meno quelli che hanno carriere iniziate nel retributivo. L’ipotesi è di consentire un cumulo tra pensione complementare e pensione pubblica per superare i limiti che le pensioni anticipate e di vecchiaia, ma contributive presentano.

Tutti i vincoli per lasciare il lavoro per i contributivi puri

Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 i problemi sulle pensioni sono molti. Innanzi tutto per le pensioni di vecchiaia a 67 anni. Ma poi anche per le pensioni anticipate, anche se è ammessa l’uscita a 64 anni. Il cosiddetto contributivo puro infatti ha una misura dedicata esclusivamente a lui, con uscita a partire dai 64 anni di età e con appena 20 anni di contributi versati. A vederla così, una misura favorevolissima ed indicata proprio per chi ha carriere corte, discontinue e frammentate. Ma c’è un vincolo pesante che rende la misura praticamente inutile per la maggior parte di quei lavoratori precari o con problematiche sul lavoro e sullo stipendio. Serve che la pensione sia pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale.

Significa, prendendo ad esempio i parametri dell’assegno sociale di oggi, un assegno prevideniziale di almeno 1.409 euro al mese. Infatti nel 2023 l’assegno sociale è pari a 503,27 euro al mese. Chi per tutta la carriera ha percepito retribuzioni classiche, anche se rivalutate, difficilmente con solo 20 anni di contributi arriva a trattamenti previdenziali così corposi.

Pensione solo a 71 anni per i contributivi puri, ecco perché

A 67 anni di età si abbassa la pensione come importo, cioè la minima per essere erogata a chi è privo di contributi prima del 1996. Infatti basta una pensione pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale. Più facile andare in pensione, visto che basta arrivare a 754,90 euro in base al valore dell’assegno sociale 2023. Ma non tutti coloro che hanno avuto carriere precarie, arrivano a questo importo. Tanto è vero che teoricamente la certezza della pensione per i contributivi si ha solo a 71 anni di età. Infatti solo allora vengono meno i vincoli di importo delle pensioni. E solo allora bastano solo 5 anni di contributi per poter andare in quiescenza.