Si discute sempre e più spesso di pensione integrativa. Si dice che è necessaria, che l’Inps non sarà in grado di assicurare un futuro ai lavoratori e che quindi è opportuno farsi una pensione supplementare da affiancare a quella pubblica.

A questo fine spingono di gran carriera banche, assicurazioni e governi. Al punto che i versamenti ai fondi pensione possono anche essere dedotti dall’imponibile in dichiarazione dei redditi. Ma la domanda che spesso ci si pone è: c’è da fidarsi?

Come sono gestiti i soldi dei fondi pensione

I lavoratori spesso affidano ciecamente i loro risparmi o quote del TFR ai fondi pensione negoziali.

Si informano poco. Ma che fine fanno questi soldi? Come vengono utilizzati e, soprattutto, quale rendimento è assicurato? La gestione non è chiara. Tutt’altro. E poi ci sono i costi nascosti che solo un esperto riesce a scovare.

Negli Stati Uniti molti fondi pensione investono nei mercati finanziari anche con elevati grado di rischio. Non è mistero che in passato qualche fondo pensione sia andato in rovina a seguito di crash del mercato azionario. Col risultato che i lavoratori hanno perso quasi tutto e la loro pensione integrativa è andata in fumo.

E questo può succedere anche da noi. Solo che non è ancora accaduto perché in Italia i fondi pensione hanno preso piede solo col nuovo secolo, ma potrebbe succedere. I fondi pensione investono in borsa i soldi dei lavoratori tanto quanto i fondi comuni di investimento. Se i mercati vanno bene, i rendimenti sono buoni. Ma, si sa, non è sempre così.

Finora i rendimenti dei fondi pensione hanno battuto quelli del TFR i cui rendimenti sono legati al tasso di inflazione. Ma come dice anche il proverbio, chi va piano va sano e lontano. Cosa potrebbe accadere se l’inflazione improvvisamente dovesse tornare a salire?

La diffidenza dei giovani verso la previdenza integrativa

Le preoccupazioni sono maggiori fra i giovani lavoratori.

Lo si evince dai numeri. Secondo i dati elaborati dalla Covip alla fine del 2021, su 8,8 milioni di iscritti ai fondi pensione, solo il 17,8% ha meno di 35 anni. Mentre la maggior parte dei lavoratori (il 50,3%) appartiene alla fascia di età centrale compresa fra i 35 e 54 anni. Il 31,9% ha almeno 55 anni.

Non solo. Dal 2017 al 2021 le adesioni ai fondi pensione fra i giovani lavoratori fino a 35 anni di età hanno registrato una crescita quasi insignificante (+0,4%). Mentre si assistite a un progressivo incremento delle adesioni dei lavoratori appartenenti alle classi di età centrali(+6%).

Una delle ragioni di fondo è che le fasce d’età più giovani partecipano in misura minore al mercato del lavoro. Quindi mancano i soldi. Ma è altrettanto vero che non vi è tutta questa preoccupazione verso il futuro. Così come il fatto che i giovani, generalmente più istruiti rispetto al passato, hanno consapevolezza che la gestione dei fondi pensione è torbida e quindi rischiosa.