L’INPS fa marcia indietro. Gli aumenti di pensione ricevuti dagli invalidi civili non fanno reddito. Di conseguenza non ci sarà alcun impatto in termini di ISEE. Ricordiamo che l’ISEE è utilizzato quasi per la totalità delle agevolazioni quale parametro per determinare la spettanza o l’entità dell’agevolazione, si pensi ad esempio all’assegno unico.

Ecco com’è cambiata la situazione nelle ultime ore.

Gli aumenti di pensione per gli invalidi civili

A partire dalla rata di novembre 2020, per i percettori degli assegni di invalidità  l’INPS ha messo in pagamento la maggiorazione sociale in favore dei soggetti titolari di pensione per invalido civile totale 100%, pensione per i sordi, pensione per i ciechi civili assoluti e dei titolari di pensione di inabilità ex lege 222/1984.

Un incremento fino a 651,51 euro per 13 mensilità (il cosiddetto “incremento al milione”), beneficio riconosciuto dalla legge 448/2001 per i soggetti con più di 60 anni di età che, con la sentenza della Corte Costituzionale (n. 152/2020) e il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, è stato esteso ai soggetti riconosciuti invalidi civili totali, sordi o ciechi civili assoluti a partire dai 18 anni di età (Fonte INPS).

Per gli invalidi civili totali, ciechi civili assoluti e sordi in possesso dei requisiti di legge, l’adeguamento è stato riconosciuto in automatico, con decorrenza dal 20 luglio 2020. Tali soggetti  non hanno dovuto presentare nessuna domanda.

Per i soggetti titolari di pensione di inabilità ex lege 222/1984, invece, l’adeguamento era subordinato alla presentazione di apposita domanda all’INPS. Per le domande presentate entro il 30 ottobre 2020 la decorrenza, in presenza dei requisiti di legge, era riconosciuta dal 1° agosto 2020. Negli altri casi, la decorrenza operava dal primo giorno del mese successivo alla domanda.

Per avere diritto alla maggiorazione la legge prevede una soglia di reddito annuo personale pari a 8.469,63 euro (che sale a 14.447,42 euro, cumulato con il coniuge, nel caso in cui il soggetto sia coniugato).

Ai fini della valutazione del requisito reddituale concorrono i redditi di qualsiasi natura, ossia i redditi assoggettabili ad IRPEF , sia a tassazione corrente che a tassazione separata, i redditi tassati alla fonte, i redditi esenti da IRPEF , sia del titolare che del coniuge.

Al contrario, non concorrono al calcolo reddituale i seguenti redditi:

  • il reddito della casa di abitazione;
  • le pensioni di guerra;
  • l’indennità di accompagnamento;
  • l’importo aggiuntivo di 154,94 euro (legge 388/2000);
  • i trattamenti di famiglia;
  • l’indennizzo previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.

La questione: dalla segnalazione all’INPS fino ad arrivare al cambio di rotta

Proprio sul pagamento della maggiorazione sociale, la Fish ONLUS aveva presentato apposito interpello all’INPS con il quale ha fatto presente che numerose famiglie di persone con disabilità, si erano accorte che nel reddito ai fini ISEE erano stati considerati gli aumenti delle pensioni di invalidità conseguenti alla Sentenza n. 152, prodotta nel 2020 dalla Corte Costituzionale.

Ciò in contrapposizione a quanto previsto dalla Legge 89/2016, la quale ha disposto che tali importo non dovessero concorrere al reddito disponibile. Tale situazione era stata segnalata anche nel nostro articolo la pensione di invalidità fa reddito.

Detto ciò, l’INPS, presa contezza della situazione, è tornata sui suoi passi escludendo la rilevanza ai fini ISEE degli importo dovuti a titolo di maggiorazione sociale e comunicando di avere già avviato le procedure per rimediare alla situazione. Le pensioni di invalidità non devono essere calcolate ai fini del calcolo del reddito imponibile. Da qui la non rilevanza ai fini ISEE.