In Italia parlare di patrimoniale è tabù. Intanto però la paghiamo tutti gli anni e neanche poco. In sordina, un po’ alla volta, in maniera tale che nessuno possa dire che qualcuno abbia introdotto una misura impopolare. Come viceversa ha fatto di recente la Spagna sulle grandi ricchezze.

Dalle tasse sugli immobili ai tagli alle rivalutazioni sulle pensioni 2023 passando per le gabelle sui depositi bancari, nessuno sembra accorgersene. Mentre resta sempre alta l’attenzione sul bollo auto o il canone Tv che incidono per una parte insignificante sul conto finale del contribuente medio.

La patrimoniale sui depositi bancari

Per chi non l’avesse ancora capito a dicembre lo Stato ha incassato i soldi del saldo Imu sugli immobili di proprietà e a breve metterà le mani anche sui depositi bancari. Più sono consistenti e più si paga. E’ La così detta imposta di bollo sul deposito titoli.

Una patrimoniale ricorrente, come l’Imu, ma che fa meno notizia. Colpisce i risparmi e vale lo 0,20% del valore patrimoniale finanziario complessivo di ciascun risparmiatore. Per chi detenesse, ad esempio, 100.000 euro investiti in Btp al 31 dicembre 2022, dovrà versare allo Stato 200 euro. L’imposta è prelevata automaticamente dalla banca o intermediario finanziario agendo da sostituto d’imposta. Ma come funziona esattamente?

L’imposta di bollo sul deposito titoli, introdotta nel 2012 col decreto “Salva Italia” colpisce tutti gli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, fondi comuni, certificati di deposito, ETF, ecc.) custoditi dagli intermediari finanziari per conto dei loro clienti.

Si paga annualmente fotografando le consistenze sul dossier titoli al 31 dicembre di ogni anno. Ma molte banche la ripartiscono trimestralmente.

Quanto e come si paga?

L’imposta di bollo sul depositi titoli, come detto, vale lo 0,20% del valore totale degli strumenti finanziari posseduti. Il calcolo è fatto sommando i valori degli strumenti finanziari detenuti dal risparmiatore alla data del 31 dicembre di ogni anno.

A tal fine fa fede l’estratto conto depositi titoli redatto e inviato al risparmiatore come base imponibile su cui applicare l’imposta.

Tale imposta è quindi pagata sulla scorta dell’invio della comunicazione che per molti intermediari finanziari avviene con cadenza trimestrale o semestrale. Per cui l’imposta dello 0,20% annuo viene frazionata proporzionalmente in base ai valori finanziari detenuti nel momento in cui la banca o l’intermediario comunicano l’estratto conto depositi titoli. Alcune banche restano, però, ancora ferme all’invio dell’estratto conto una volta all’anno.

“L’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato.