Per mantenere in equilibrio la spesa per le pensioni, servono circa 80 miliardi in tre anni. Sono questi, in sintesi, i numeri che saltano fuori dall’analisi di Alberto Brambilla, fondatore di Itinerari Previdenziali.

L’ottavo rapporto su “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano – andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2019” fornisce una visione d’insieme del complesso bilancio del sistema previdenziale italiano relativo all’anno 2019.

Pensioni, aumenta il disavanzo pubblico

Sostanzialmente il rapporto di Itinerari Previdenziali evidenzia che in un anno i pensionati in Italia sono aumentati di 100 mila unità.

Per un totale di 16,135 milioni di persone. A livello finanziario, il rapporto fra spesa previdenziale ed entrate contributive sta però peggiorando. Rispetto al 2019 il disavanzo delle casse di previdenza è cresciuto di oltre 12 miliardi di euro per un totale di 33 miliardi.

Colpa soprattutto della pandemia che ha messo in ginocchio l’economia e quindi ha fatto venir meno anche il gettito contributivo verso le casse previdenziali. Ma il problema era già presente anche prima, visto che il disavanzo pubblico ammontava a 20,8 miliardi nel 2019. Un problema che Brambilla ha fatto presente ai parlamentari di Montecitorio alla vigilia del discorso di insediamento del nuovo governo Draghi.

Pensioni e pandemia

L’arrivo della pandemia ha messo sotto pressione un sistema pensionistico già in precario equilibrio. Tre anni fa, con l’arrivo di quota 100, la spesa per pensioni aveva superato i 230 miliardi di euro all’anno. Circa 9 miliardi in più, secondo le previsioni del governo. Una spesa che però, grazie alla ripresa del mercato del lavoro era sostenibile.

Oggi non lo è più. Anzi, il numero di occupati per pensionato, che era tornato vicino al rapporto di 1,5, oggi è scivolato verso il basso e non consente quell’equilibrio teorico di spesa per le pensioni fra entrate e uscite.

La pandemia ha stravolto ogni cosa mettendo in allarme la tenuta dei conti dell’Inps che, peraltro, ha evidenziato un buco da 16 miliardi a causa del ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali e ai bonus a pioggia.

Sicché, il disavanzo pubblico difficilmente potrà tornare sostenibile in assenza di interventi sulla spesa per le pensioni. Anche perché il debito pubblico italiano ha raggiunto livelli elevati e il rapporto deficit/Pil nazionale non consente molti margini di manovra. Nemmeno con i trasferimenti dallo Stato, peraltro già cospicui dal 2013.

La spesa assistenziale

La domanda a questo punto è: le pensioni sono a rischio? La risposta che Itinerari Previdenziali dà è “sì”, anche se la causa del deficit nei conti dell’Inps è dovuta principalmente alla spesa per assistenza.

Dal 2008 l’incremento è stato di oltre 41 miliardi, con un tasso di crescita annuo oltre il 4% e di 3 volte superiore all’incremento della spesa per le pensioni. Complessivamente fino al 2019 l’Inps ha pagato per le prestazioni sociali 488 miliardi di euro, più del 56% dell’intera spesa dello Stato.

Una percentuale elevatissima se si pensa che l’Italia è balzata ai vertici delle classifiche mondiali nella spesa per il welfare. Secondo Brambilla, si conferma il tallone d’Achille del sistemka welfare italiano.

È quasi assurdo pensare che in un Paese del G7 come l’Italia – ha affermato – quasi il 50% di pensionati non sia stata in grado di versare neppure 15/17 anni di contributi regolari e debba quindi essere assistita dallo Stato. E’ importante che la politica rifletta su questi numeri. Innanzitutto, perché non sembrano rispecchiare le reali condizioni socio-economiche del Paese. E, in secondo luogo, perché non va dimenticato che, a differenza delle pensioni finanziate da imposte e contributi, queste prestazioni gravano per 25,77 miliardi sulla fiscalità generale e non sono neppure soggette a imposizione fiscale”.