Ci sono situazioni nella vita lavorativa di un individuo, che possono pregiudicare anche l’eventuale pensione da prendere. E non parliamo certo di soldi e di calcoli. Parliamo invece del diritto a poter andare in pensione. Chi perde il lavoro e non può continuare ad accumulare contribuzione, per esempio, corre davvero il rischio di restare escluso da una determinata misura pensionistica. Di colpo quello che poteva sembrare una certezza, cioè la pensione ormai imminente può di colpo diventare un miraggio.

E non è difficile immaginare lo stato di scoramento e delusione di un lavoratore. Ma c’è da dire che il nostro sistema è ricco di particolari misure e strumenti che, se conosciuti, possono tornare perfettamente utili a evitare questo genere di situazione. Basta sapere cosa fare e come effettivamente funziona il meccanismo previdenziale nostrano.

“Salve, sono un lavoratore che si trova in una spiacevole situazione. Sono arrivato alla soglia dei 40 anni di contributi. Ho appena terminato i miei 14 mesi di Naspi e sono senza lavoro. Copio 64 anni di età a fine luglio e non sono riuscito ad arrivare ai 41 anni utili per la quota 103. Come faccio adesso? Senza un nuovo lavoro ho tutte le porte della pensione chiuse. Devo restare altri tre anni in queste condizioni, senza avere fonti di reddito aspettando i 67 anni di età? Perché le autorità non capiscono che siamo in tanti in queste condizioni? Perché non ci danno la pensione effettivamente maturata senza dover passare dal chiedere aiuto e sussidi allo Stato?”

Esodati è una parola che può tornare di attualità sempre, ecco i casi più drammatici di senza lavoro e senza pensione

Il nostro lettore è solo uno dei tanti lavoratori, o ex lavoratori, che si trovano a fare i conti con delle regole pensionistiche che sono alquanto strane. Il nostro sistema è ormai quasi al 100% basato sul contributivo. Un sistema questo molto equo perché più un lavoratore versa più prende di pensione.

Inoltre prima esce come età meno prende di pensione. Significa che è nell’interesse del lavoratore proseguire a lavorare fin dove è possibile, per maturare una pensione più alta. Il difetto del sistema però è la carenza di flessibilità. Il nostro lettore, anche se anticipiamo che potrebbe avere diritto alla pensione lo stesso, si trova a essere una specie di nuovo esodato.

Esattamente come quelli che con l’avvento della riforma Fornero si ritrovarono senza lavoro e senza pensione. Ma all’epoca fu il varo di una riforma previdenziale a determinare una disastrosa situazione per alcuni lavoratori. Perché per esodati si intendevano quanti avevano già programmato la loro pensione, andando già a stabilire la data di cessazione della loro attività, in vista di una pensione che prima era certa, e che poi con il varo della legge Fornero diventò impossibile. Adesso invece c’è chi rimarrà senza lavoro e senza pensione in maniera strutturale, cioè per colpa del funzionamento del sistema.

I contribuenti italiani tra quiescenze difficili e sussidi da prendere

A 64 anni come è il nostro lettore, tutto è facile tranne che trovare un nuovo lavoro. E chi come lui si trova con contributi mancanti alle pensioni anticipate (senza i 42,10 per le anticipate e senza i 41 per quota 103 o per i precoci), rischia di restare in attesa della tanto attesa età pensionabile senza fonti di sostentamento. Lo Stato italiano risponde con la possibilità di passare a sussidi e misure assistenziali, come il reddito di cittadinanza di oggi o l’assegno di inclusione domani. Ma perché gravare sullo Stato con i sussidi quando un lavoratore potrebbe andare a sfruttare la sua contribuzione andando in pensione? Una domanda comune a molti questa, e il nostro lettore ha centrato perfettamente il punto.

Come spesa pubblica, prendere un sussidio grava comunque sulle casse statali.

E allora perché non trasformare questo soggetto da assistere in un pensionato? Soprattutto se si considera il fatto che ci sono tanti lavoratori che hanno carriere lunghe, anche se insufficienti per una pensione. Appare quanto meno paradossale far diventare un lavoratore con 40 anni di contributi un sussidiato, quando effettivamente ha versato molti anni di contributi.

Andare in pensione subito anche senza i 41 anni di Quota 103 è possibile, e la soluzione resta Quota 100

Tornando allo specifico caso del lettore, come età lui sarà uno di quelli che si salverà avendo maturato il diritto alla quota 100 in tempo utile per cristallizzarlo. Sembrerebbe così dal momento che avendo oggi 64 anni di età e 40 di contributi, probabilmente il 31 dicembre 2021 si trovava già con 38 anni di contributi completati e 62 anni di età compiuti. Potrebbe avere diritto a uscire con la quota 100 anche oggi che non ha più un lavoro e nemmeno la Naspi. Usiamo il condizionale solo perché ci sono dei requisiti ulteriori da maturare come quelli della contribuzione effettiva.

Dei 38 anni di contributi probabilmente l’INPS chiede che 35 siano effettivi da lavoro. Significa che per forza di cose, un lavoratore dovrebbe avere 35 anni senza considerare i contributi figurativi da malattia o disoccupazione. Controllare la propria situazione contributiva è determinante per evitare di finire in un guaio come quello che il nostro lettore suppone sia il suo caso. Anche perché andando indietro nel tempo bisogna verificare se le misure del passato possano essere misure da sfruttare ancora oggi in virtù di quel principio della cristallizzazione, che salvaguarda il diritto alla quiescenza di un lavoratore.