Una combinazione di fattori utile ad anticipare la pensione fino a 10 anni rispetto alla tabella di marcia. Se fosse possibile, significherebbe realmente assestare il colpo di spugna definitivo alla Legge Fornero.

In realtà, il processo è lungo e decisamente complesso. E, a meno che una congiunzione astrale effettivamente favorevole non si manifesti per tempo, difficilmente si riuscirebbe a superare uno scoglio che tanto è stato ostico per le legislature che sono seguite al Governo tecnico di Mario Monti. Eppure, qualche via di fuga sembra esserci.

Se non altro per riuscire a scartare il paletto peggiore della 92/2012, ossia il pensionamento di vecchiaia a 67 anni di età con 20 di contribuzione versata. Un requisito peraltro obbligatorio in combinazione, col rischio concreto di dover attendere altri quattro anni (ossia quota 71) se non vi si riuscisse, trascinandosi sul posto di lavoro ben oltre la soglia anagrafica che la logica richiederebbe.

Al momento, il sistema previdenziale italiano poggia perlopiù sugli strumenti di anticipo. Quota 103 è il meccanismo principale e praticamente certo di rinnovo con la ventura Legge di Bilancio, assieme ad altri sistemi quali Ape Sociale e Opzione Donna, in riferimento alle lavoratrici. strategie utili se la posizione contributiva fosse sostanzialmente regolare, con possibilità effettive di attivare meccanismi previdenziali prima che ci si avvicini troppo alla soglia dell’anzianità pensionistica. Ecco perché molti lavoratori, soprattutto coloro che dispongono di un’anzianità contributiva “a singhiozzo”, potrebbero trovare difficoltà nell’inserirsi in sistemi che, pure, mirano ad abbracciare una platea piuttosto ampia di beneficiari.

Pensione, l’espediente della RITA: perché si può uscire dal lavoro fino a dieci anni prima

Com’è possibile, dunque, anticipare senza… anticipo? È chiaro che, per beneficiare di un sistema pensionistico che consenta di rosicchiare fino a 10 anni di affrancamento in più rispetto agli standard, siano necessarie condizioni del tutto particolari. Una di queste potrebbe essere la presenza di un’invalidità, magari disciplinata a livello normativo dalla Legge 104.

Un’altra riguarda la cosiddetta Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, meglio nota come RITA, una sorta di scivolo pensionistico che permette ai detentori di un fondo previdenziale integrativo privato di passare da lavoratore a pensionato in un tempo decisamente più breve. La RITA, in realtà, funziona come una sorta di accompagnamento alla pensione fino al compimento dei fatidici 67 anni, quando il lavoratore otterrà il trattamento di vecchiaia.

Come si percepisce la RITA

È chiaro che, se disporre di una 104 impone di per sé condizioni specifiche differenti rispetto alla previdenza ordinaria, la RITA assume ancora più peculiarità. Tale strumento, infatti, si addice perlopiù a coloro che, avendo cessato l’attività lavorativa poco prima del pensionamento, vedono davanti a sé un lasso di tempo tutto sommato contenuto per il trattamento effettivo. Ad esempio, un periodo di cinque o dieci anni. Qualora un pensionato fosse disoccupato da un periodo di tempo corposo, perlomeno 24 mesi, potrà richiedere la RITA ma solo se figureranno almeno 5 anni di contributi versati nel fondo previdenziale integrativo. In presenza di un’invalidità pari al 67% (perlomeno) e di una disoccupazione perdurante da almeno 48 mesi, la RITA sarà percepita in forma piena. Se il periodo di inattività fosse compreso tra un minimo di 12 mesi e un massimo di 48, il trattamento sarà parziale.

Riassumendo

  • Gli strumenti per ottenere una pensione in anticipo di 10 anni rispetto all’anzianità minima ci sono ma richiedono determinati requisiti;
  • la Legge 104 è compatibile con la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA) ma solo in presenza di un periodo di disoccupazione non inferiore ai 12 mesi e di un’invalidità minima del 67%;
  • la RITA funziona da ponte pensionistico per chi ha smesso di lavorare pochi anni prima della pensione effettiva.