Non sono rari i casi di soggetti che hanno iniziato a lavorare in età avanzata. Soggetti che inevitabilmente si trovano con la problematica di dover andare in pensione con una carriera non certo lunga e duratura, a tal punto che per loro le difficoltà di fronte al pensionamento aumentano. E nemmeno le novità 2023 che il Governo Meloni introdurrà, danno loro una mano. Infatti aumentano le misure per poter accedere alla pensione nel 2023, ma guardano tutte o quasi, a lavoratori con carriere lunghe.

Molti i penalizzati quindi, soprattutto i lavoratori discontinui e le donne. Ma qualche opportunità di andare in pensione esistono anche per loro. Ma con requisiti e vincoli precisi e spesso piuttosto stringenti.

La nostra lettrice ci chiede

“Buonasera, sono Laura, una donna di 64 anni di età che ha iniziato a lavorare solo nel 2001 e che pertanto si trova con 22 anni di carriera maturata come commessa in un negozio di articoli sportivi. So già che sarà difficile che potrò andare in pensione prima dei 67 anni di età, ma vi chiedo se ci sono vie alternative che mi consentono un pensionamento più facile.”

La pensione con 22 o 23 anni di contributi nel 2023, conta molto l’anno di inizio della carriera

Donna, con un lavoro iniziato in tarda età e senza una carriera lunga. Questo è l’identikit perfetto di un soggetto gravemente penalizzato per la pensione. La stragrande maggioranza delle prestazioni previdenziali che l’INPS ha in funzione, comprese quelle nuove per il 2023, prevedono carriere lunghe ben oltre i 20 anni di contributi. La nostra lettrice rientra perfettamente tra i lavoratori che più penalizzati. Anche perché ha iniziato a lavorare in epoca contributiva. Dal 1996, con l’ingresso nel sistema della riforma Dini, entrò in vigore il sistema contributivo.

Un sistema che oltre a cambiare le regole di calcolo delle pensioni, che dal retributivo passarono proprio al contributivo, ha inasprito i meccanismi di pensionamento.

Che con l’avvento della riforma Fornero divennero ancora più aspri. Nacque anche la definizione di contributivo puro. Si tratta del lavoratore che ha iniziato la carriera dopo il 1995 e non ha quindi contributi versati nel sistema retributivo. Come lo è la nostra lettrice, alla quale diciamo subito due cose. Esistono delle possibilità di andare in pensione prima dei 67 anni, ma è anche vero che nemmeno a 67 anni ci sarebbe la sicurezza per lei del pensionamento.

Pensione anticipata contributiva o pensione di vecchiaia, i requisiti per i contributivi puri

La misura che più si avvicina alla condizione della nostra lettrice, se si considera la data di avvio della sua carriera e la sua età anagrafica e contributiva è la pensione anticipata contributiva. Una misura che ha nei 64 anni di età e nei 20 anni di contribuzione previdenziale versata, le due soglie minime. E la nostra lettrice ha già completato i 64 anni di età, ha iniziato a lavorare nel 2001 e ha già 22 anni di carriera. Ma c’è il requisito aggiuntivo della misura a ostacolare probabilmente il suo pensionamento nel 2023. Infatti per la pensione anticipata contributiva servono pure dei contributi versati che generino un montante capace di dare diritto a una pensione pari, se non superiore, ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale. L’assegno sociale è la misura assistenziale che l’INPS eroga a chi è privo di contributi, o con contributi insufficienti a una sua pensione classica. Ed è una misura che è collegata ai redditi del richiedente, che devono essere bassi.

La soglia dell’assegno sociale diventa determinante

Per accedere alla pensione anticipata contributiva serve che la stessa raggiunga l’importo soglia previsto per essere concessa dall’INPS. Soglia che è strettamente collegata all’assegno sociale. E dal momento che l’assegno sociale salirà di importo nel 2023, in attesa degli aggiornamenti INPS, possiamo parlare solo per ipotesi.

Una pensione pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale, nel 2022 significava un trattamento di circa 1.311 euro al mese. Nel 2023 non è azzardato considerare che servirà una pensione superiore a 1.400 euro per rispettare questa condizione. Che resta vincolante, perché senza una pensione così alta di importo, la pensione anticipata contributiva non può essere concessa. E i lavoratori, così come la nostra lettrice, potrebbe dover puntare ad altro, cioè alla pensione di vecchiaia ordinaria, a 67 anni.

Anche la pensione di vecchiaia classica potrebbe essere fuori dal perimetro di molti lavoratori

Ma per il fatto di essere contributivi puri, molti lavoratori, compresa la nostra commessa, potrebbero essere esclusi dalla pensione anticipata ordinaria. Misura che per chi ha cominciato a lavorare prima del 1996, si prende sempre e comunque a 67 anni di età con almeno 20 anni di versamenti accumulati. Si prende sempre, senza vincoli e senza problemi. Cosa che non accade per i contributivi puri, ai quali è richiesto che la prestazione liquidata sia pari o superiore ad 1,5 volte l’assegno sociale. Sempre per il discorso aumento dell’assegno sociale 2023, i 703 euro di assegno minimo previsti per il 2022, saliranno a 760 euro circa nel 2023. Senza una pensione pari almeno a quell’importo, la quiescenza di vecchiaia sarebbe impossibile anche per la nostra lettrice essendo un contributivo puro anche lei.

Senza volerla spaventare, le regole del pensionamento per lei sono abbastanza rigide. E non è azzardata l’ipotesi che per lei un ipotetico pensionamento, fallito a 64 anni con l’anticipata contributiva, e a 67 anni con la vecchiaia ordinaria, slitti a 71 anni. Quando il trattamento è erogato a prescindere dall’importo, e quando non servirebbero nemmeno più i 20 anni di versamenti (bastano infatti solo 5 anni).