Anche la pensione integrativa può essere anticipata al pari di quella pubblica. Nel caso di pensionamento anticipato con quota 100 e opzione donna, i trattamenti pensionistici di cui alla rendita integrativa temporanea anticipata (RITA) sottoscritta dal lavoratore sono liquidabili contestualmente.

Ragionamento che sembrerebbe ovvio, ma non scontato. L’introduzione delle forme pensionistiche anticipate nel 2018 (quota 100 e opzione donna) nel nostro ordinamento, ha infatti ricadute automatiche anche sui fondi pensione integrativi negoziali, istituiti nel 2006. Lo chiarisce la COVIP rispondendo ad alcuni quesiti posti dai pensionati che hanno avuto accesso a quota 100 e opzione donna.

Pensione integrativa anticipata

Requisito essenziale per poter beneficiare della pensione integrativa anticipate è quello di aver maturato i requisiti per il pensionamento, sia di vecchiaia, sia anticipato. Gli altri requisiti da rispettare sono la cessazione dell’attività lavorativa per un periodo superiore a 24 mesi e la partecipazione da almeno 5 anni ai versamenti nelle forme pensionistiche complementari. Pertanto, qualora il lavoratore cessi in anticipo la propria attività, nel rispetto dei requisiti di legge previsti per il pensionamento anticipato (opzione donna e quota 100), avrà diritto anche al trattamento pensionistico complementare.

Cessazione dell’attività lavorativa

Un altro aspetto rilevante riguarda il requisito della cessazione dell’attività lavorativa. Secondo la COVIP questa condizione deve sussistere esclusivamente al momento della domanda. L’iscritto al fondo pensione integrativo può quindi rioccuparsi successivamente alla domanda senza perdere il diritto alla fruizione della RITA. La normativa di riferimento prevede che

“le prestazioni delle forme pensionistiche complementari possono essere erogate in forma di RITA ai lavoratori che, in presenza degli altri requisiti, cessino l’attività lavorativa e maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi o risultino inoccupati per un periodo di tempo superiore a ventiquattro mesi e che maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i dieci anni successivi (art. 11, commi 4 e 4-bis, del Decreto lgs. 252/2005)”.

Come verificare la cessazione dal lavoro

Ai fini poi dell’accertamento della cessazione dal lavoro da parte dei fondi pensione, in assenza di specifiche disposizioni normative, si era ritenuto che spettasse al fondo pensione l’individuazione della documentazione più idonea da richiedere all’iscritto.

Reputando, comunque, congrua l’acquisizione da parte del fondo pensione di un certificato del Centro per l’impiego con indicazione della data di iscrizione alle liste di disoccupazione e attestazione di permanenza del relativo stato. Unitamente a un documento dal quale risultasse la data di cessazione del rapporto di lavoro (es. comunicazione di licenziamento da parte dell’azienda).

Tale condizione può essere certificata attraverso una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Oppure, se il soggetto intende registrarsi come disoccupato, dimostrando di aver presentato la DID o, in alternativa, ove il Fondo vi consenta, può presentare una dichiarazione sostituiva di certificazione, essendo lo stato di disoccupazione menzionato nell’art. 46 del DPR 445/2000 tra gli stati autocertificabili.

Vedo anche: Pensioni anticipate, ok a rinnovo Ape e Opzione Donna: come fare domanda