Le pensioni future saranno sempre più basse. E’ ormai noto a tutti che il sistema previdenziale pubblico (welfare) così come lo abbiamo conosciuto e vissuto subirà una completa metamorfosi nel tempo al puto che vedere l’Inps erogare pensioni uguali o di poco inferiori alle ultime retribuzioni sarà un solo un ricordo.

Il cambiamento è dettato dai tempi, dal nuovo mercato del lavoro sempre più precario, dalle aspettative di vita, ma – soprattutto – dal sistema di calcolo della pensione futura. Il sistema contributivo, in vigore dal primo gennaio 1996, sta entrando lentamente a regime per cui saranno sempre meno le pensioni liquidate con sistema misto (contributivo più retributivo per i periodi lavorati ante 1996) e sempre maggiori quelle liquidate col sistema contributivo che tiene conto solo ed esclusivamente dei contributi versati all’Inps.

Le pensioni Inps future, come saranno

All’atto pratico, per un lavoratore dipendente, dopo 40 anni di contributi, si ritroverà con una pensione pari al 60-65% dello stipendio tenendo conto anche della sempre più modesta rivalutazione nel tempo del montante contributivo. Per un lavoratore autonomo si scende al 50% della retribuzione e per un collaboratore nella gestione separata si parla di 35-40% del reddito medio annuo. Insomma, una vera e propria miseria se si pensa a quanto hanno ottenuto e stanno ottenendo di pensione coloro che hanno iniziato a lavorare negli anni ’60 e ’70. E’ quindi necessario che presto o tardi il legislatore intervenga per garantire ai giovani di oggi, ma anche a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, una pensione minima garantita e dignitosa.

La pensione integrativa

Nel frattempo è bene preoccuparsi di farsi una pensione integrativa. In Italia il concetto suona ancora un po’ strano rispetto ad altri Paesi europei perché finora lo Stato ha sempre offerto ampie garanzie di sostegno, ma con l’esplosione del debito pubblico questo non sarà più possibile in futuro.

Pertanto costruirsi una pensione “privata” integrativa a quella magra dell’Inps sarà sempre più una necessità di ogni lavoratore. Naturalmente non esiste una regola assoluta valida per tutti, poiché la pensione integrativa varia da lavoratore a lavoratore, in base alle differenti esigenze e alle aspettative di vita. Farsi una pensione integrativa è come cucirsi un vestito su misura. Così il 20 enne che inizia a lavorare adesso avrà esigenze e una propensione al risparmio da destinare alla pensione integrativa diversi rispetto a un lavoratore che ha 50 anni e già una lunga carriera di lavoro alle spalle.

Cosa valutare prima di fare una pensione integrativa

Quindi, prima di andare da un consulente previdenziale (ce ne sono migliaia pronti a vendere di tutto pur di incassare le provvigioni) è bene domandarsi cosa si vuole ottenere in futuro, al termine della carriera lavorativa, già piena di incognite. A qualcuno potrebbe bastare un’integrazione alla pensione Inps che verrà di poche centinaia di euro al mese, a qualcun altro un’integrazione di 400-500 euro. Inoltre, è difficile sapere oggi per un 20 enne come sarà la previdenza quando avrà maturato i requisiti per andare in pensione. Cosa, invece, diversa per un 60 enne a cui mancano pochi anni ancora di lavoro prima di ritirarsi e che già può fare delle previsioni di calcolo di quello che percepirà dall’Inps e quindi integrarlo eventualmente con una pensione privata.

I rendimenti dei fondi pensione

Inoltre, bisogna sapere che, benché esistono agevolazioni fiscali sull’adesione a forme di previdenza integrativa, i gestori che amministrano e gestiscono i fondi si fanno pagare con laute commissioni e costi solitamente poco visibili o chiari al sottoscrittore. I fondi pensione, poi, non sono altro che fondi d’investimento che investono denaro in azioni e obbligazioni. Per cui il fondo, negli anni, può anche offrire rendimenti inaspettati rispetto a quanto previsto in fase di sottoscrizione.

Col risultato che la pensione integrativa, al momento, della liquidazione potrebbe essere minore di quanto previsto anni prima. Considerato poi che da anni i rendimenti obbligazionari sono bassissimi se non nulli, è facile prevedere che anche i rendimenti dei fondi pensione alla fine saranno tali. Nel 2018 – secondo la Covip – i rendimenti dei fondi pensione sono stati inferiori a quelli offerti dall’Inps per il TFR che ha offerto uno yield del 1,9%.