La Legge di Bilancio 2024 modifica alcuni requisiti per poter uscire anticipatamente dal mondo del lavoro. In particolare per la pensione disoccupati occorreranno 36 anni di contributi.

Come afferma Alessandro Siani nei panni di Antonio ne Il principe abusivo: “E niente, mi chiamo Antonio, al momento mi hanno licenziato da 3 anni…quindi ho perso il lavoro e sono andato dalla mia fidanzata e ho detto: ‘Amò, tesò, vita, cuore…ho perso il lavoro!’ e lei ha detto: ‘Hai perso pure la fidanzata Antò! I soldi non danno la felicità, figuriamoci la miseria!'”.

A partire dalla spesa settimanale fino ad arrivare alle bollette, d’altronde, non si può negare l’importanza dei soldi.

Per ottenere quest’ultimi bisogna lavorare. Un diritto e un dovere che non sempre risulta garantito. Tanti, purtroppo, sono coloro senza un impiego e che sperano di poter accedere al trattamento pensionistico.

Ape Social, chi ne ha diritto e cosa cambia dal 2024

Proprio sul fronte pensioni sono in arrivo importanti novità con la Manovra 2024. Come si legge sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze:

“Alcune revisioni riguarderanno l’APE, con innalzamento a 36 anni del requisito contributivo per gli uomini rispetto alla legislazione vigente e con requisiti diversi per le donne, e quota 104 con alcune specifiche che tengono conto della necessità di valorizzare chi vuole rimanere a lavoro (quali il cd. Bonus Maroni). Ape o Opzione donna della scorsa legge di bilancio non saranno quindi confermate nella loro precedente fisionomia ma cambieranno prevedendo uno strumento unico di accompagnamento alla pensione”.

Le categorie ad oggi tutelate dall’Ape Social, pertanto, dovranno fare i conti a partire dal prossimo anno con un innalzamento dei contributi richiesti. Tale misura, ricordiamo, nel corso del 2023 viene garantita a coloro che hanno compiuto almeno 63 anni di età, a patto di non essere già titolari di pensione diretta in Italia oppure all’estero.

Per beneficiare di tale misura è fondamentale aver cessato qualsiasi tipo di attività lavorativa. Lo stato di disoccupazione deve essere conseguente un licenziamento, dimissioni per giusta causa o una risoluzione consensuale. Non sono prese in considerazione le cessazioni di rapporti di lavoro a tempo determinato per scadenza del termine e nemmeno le dimissioni volontarie.

Pensione disoccupati, dal 2024 servono 36 anni di contributi: come cumularli?

Stando alla normativa vigente è possibile recuperare gli anni in cui non si è lavorato grazie al versamento volontario dei contributi. Entrando nei dettagli, come riportato sul sito dell’Inps, i contributi volontari permettono di coprire i periodi durante i quali il soggetto interessato:

  • “non svolge alcun tipo di attività lavorativa dipendente o autonoma (compresa quella parasubordinata);
  • ha chiesto brevi periodi di aspettativa non retribuita per motivi familiari o di studio;
  • ha un contratto part – time orizzontale o verticale”.

In particolare possono chiedere l’autorizzazione all’istituto di previdenza per il versamento dei contributi volontari:

  • “i lavoratori dipendenti e autonomi purché non iscritti all’INPS o ad altre forme di previdenza;
  • i lavoratori parasubordinati purché non iscritti alla Gestione Separata o ad altre forme di previdenza obbligatoria;
  • i liberi professionisti purché non iscritti all’apposita Cassa di previdenza o ad altre forme di previdenza obbligatoria;
  • i lavoratori dei fondi speciali di previdenza (telefonici, elettrici, personale di volo, ecc.) purché non iscritti ai rispettivi Fondi o ad altra forma di previdenza obbligatoria;
  • i titolari di assegno ordinario di invalidità o di pensione indiretta (ai superstiti o reversibilità)”.

Ricongiunzione o totalizzazione dei contributi per i lavoratori precari

Molte persone nel corso della loro carriera hanno cambiato spesso tipo di lavoro, passando ad esempio dallo status di dipendenti pubblici a quello di dipendenti privati, oppure commercianti o liberi professionisti. In tale circostanza bisogna sommare i contributi versati presso i vari enti o fondi.

A tal fine è possibile optare per la totalizzazione o la ricongiunzione. Si tratta di due strade alternative che permettono di raggiungere lo stesso obiettivo, seguendo regole differenti.

La ricongiunzione consente di trasferire tutti i contributi versati nei vari fondi in una sola cassa. Questo trasferimento avviene previo un esborso economico e consente di avere una sola pensione. La totalizzazione è a titolo gratuito e permette di sommare, in modo virtuale, i contributi maturati presso più gestioni. Entrambe le misure non vanno ad incidere sull’importo del trattamento, che rimane uguale a quello a cui si avrebbe diritto se ogni fondo dovesse pagare in prima linea la propria parte.