Andare in pensione a 67 anni: è questo lo scenario che si prospetta per molti italiani se dovesse andare in porto l’aumento dell’età pensionabile che, a quanto pare, è difficile da evitare.

Età pensionabile: aumento inevitabile?

Si va verso l’adeguamento dell’età pensionabile? Il Pd sta cercando di bloccare l’uscita ai requisiti attuali ovvero 66 anni e 7 mesi. Ma la copertura economica per scongiurare l’aumento è di 140 miliardi e la cifra preoccupa non poco l’Inps. I lavoratori che si avvicinano al raggiungimento dei requisiti anagrafici per la pensione sono con il fiato sospeso in attesa di conoscere gli sviluppi.

Intanto c’è chi studia il piano B: quali possibilità di pensione anticipata resterebbero anche qualora l’adeguamento dovesse essere confermato? Abbiamo già visto la via preferenziale per i lavoratori che svolgono mansioni usuranti. Ma tutti gli altri sono destinati a lavorare fino a 67 anni?

Chi ha alle spalle 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) può andare in pensione anticipata. Quindi i precoci che hanno iniziato a lavorare prima di diventare maggiorenni, possono andare in pensione anticipata a 60-62 anni.

Meno nota è la possibilità di pensione contributiva anticipata: una possibilità che permette di andare in pensione con 63 anni e 7 mesi di età a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 e ha alle spalle almeno 20 anni di carriera purché però abbia maturato un assegno pari a 2,8 volte il trattamento minimo (corrispondenti a 1.400 euro lordi mensili). Bisogna tenere a mente però che in questo caso l’assegno viene calcolato con sistema contributivo.

La via più attuale per smettere di lavorare prima dei 67 anni è l’APE (volontario o social): il requisito anagrafico infatti è fissato a 63 anni.