L’aumento dell’età della pensione sulla base dell’adeguamento all’aspettativa di vita è inevitabile: il Governo resta fermo su questa posizione per una esigenza di contenimento delle spese. Eppure le proposte per un’uscita anticipata a costo zero o quasi non mancano e in questi giorni di dibattito sull’età pensionabile, diverse voci da più fronti si sono alzate per sostenerle. Se nulla cambierà, dal 2019 si andrà in pensione a 67 anni: serviranno quindi cinque mesi in più rispetto a oggi per smettere di lavorare.

Sappiamo bene quanto la questione della riforma pensioni faccia leva sul consenso popolare e, posto che la decisione sull’eventuale aumento dell’età pensionabile arriverà entro fine anno, quindi a ridosso dalle prossime elezioni politiche, non è escluso che il governo accetti di cedere alle trattative.

Aumento età pensione si ma ridotto: la soluzione sconto

La prima strada battuta potrebbe essere quella di un aumento dell’età pensionabile ma contenuto: non 5 mesi in più, quindi, ma un paio. Nel 2019 si smetterà di lavorare a 66 anni e 9 mesi. Questa soluzione prevede di tenere conto dell’adeguamento all’aspettativa di vita ma in entrambi i sensi quindi anche della media ridotta nel 2015.

No all’aumento dell’età pensionabile ma solo per alcune categorie di lavoratori

La seconda strada percorribile prevede, invece, di bloccare gli adeguamenti dell’età pensionabile ma solo per i lavoratori che svolgono attività gravose. Le categorie individuate sarebbero le stesse che rientrano nei requisiti per la domanda Ape Social. Dal punto di vista della copertura economica questa seconda strada sarebbe più percorribile ma fa meno presa politica su larga scala in un’ottica elettorale.

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