Ci sono alcune particolarità che riguardano le pensioni e le domande di pensione che devono necessariamente essere approfondite per consentire anche ai non addetti ai lavori di capire, per esempio, i rischi che si corrono. Rischi che sono sostanzialmente quelli di perdere il diritto alla pensione per un semplice cavillo. Se tutti reputano importante la riforma Fornero, soprattutto perché proprio con quella riforma i requisiti previdenziali sono stati inaspriti, anche la precedente riforma Dini ha sortito effetti importanti. Soprattutto perché ha differenziato in due grandi categorie i lavoratori.

Da un lato quanti hanno iniziato a lavorare prima del 1996, dall’altro lato quanti hanno iniziato a lavorare dopo.

Domande di pensione bocciate, ecco uno dei motivi che molti sottovalutano

Un distinguo davvero fondamentale, che può portare a delle sorprese spiacevoli per chi non conosce bene le normative e non sa cosa fare. L’occasione per approfondire il tutto la offrono due nostri lettori, con due quesiti che collegati tra loro possono darci la possibilità di presentare un quadro a 360 gradi completo di quello che bisogna sapere.

“Buongiorno, sono Matteo, un lavoratore che da pochi giorni ha ricevuto reiezione della domanda di pensione. Ho completato 67 anni di età e giusto 20 anni di contributi. Mi dicono però che non ho diritto alla pensione perché troppo bassa di importo. Ma allora la storia delle minime non ha senso. Come fanno gli altri a prendere pensioni da 500 euro al mese se l’INPS boccia le domande per via degli importi?”

“Salve, sono un lavoratore di 65 anni che ha anche 20 anni di contributi consecutivi versati fino allo scorso marzo con la stessa azienda. Prima non avevo mai lavorato. Ho presentato domanda di pensione anticipata contributiva ma niente. Me l’hanno respinta. Pare sia colpa di due mesi di lavoro svolti da giovane per il mio Comune di residenza.

Ma a me quei due mesi non servono. Posso cancellarli?”

Le due differenti platee tra retributivi e contributivi

Da un lato chi ha iniziato a versare prima del 1996, dall’altro chi lo ha fatto a partire proprio da quell’anno. La differenza sta nel fatto che a partire dal 1° gennaio 1996 è in funzione, per via della riforma Dini, il sistema contributivo. In linea di massima tutti i periodi di lavoro successivi a quella data sono periodi contributivi e determinano una pensione calcolata proprio con il sistema contributivo. Tutti i periodi antecedenti invece vengono considerati retributivi e determinano un calcolo della pensione con il sistema retributivo.

Poi ci sono delle deroghe. Come per esempio per quanti hanno 18 o più anni di carriera al 31 dicembre 1995. In questo caso il calcolo retributivo si estende al 31 dicembre 2011. Questa la prima grande differenza tra le due categorie. Una differenza che incide sugli importi delle pensioni e sulle regole di calcolo. Con il sistema basato sugli ultimi stipendi percepiti e quindi sul retributivo, nettamente più vantaggioso. Ma anche i requisiti per le pensioni sono diversi in base a questa suddivisione in due della platea dei potenziali pensionati. E addirittura ci sono misure destinate solo a una parte di questi lavoratori.

La pensione anticipata contributiva e perché ci sono vincoli e limiti particolari

Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 c’è una misura che non riguarda gli altri e che fa uscire dal lavoro a 64 anni di età. Si chiama pensione anticipata contributiva ed è quella misura richiesta dal nostro secondo lettore, che però ha avuto la domanda bocciata dall’INPS. Questo perché come dicevamo la misura è destinata a chi compie 64 anni di età e 20 anni di contributi, ma solo se il primo versamento è successivo al 31 dicembre 1995.

Il nostro lettore avendo 2 mesi di lavoro svolto per il Comune prima di quella data, perde quello che può essere considerato lo status di contributivo puro.

Venendo di fatto escluso dalla misura. E non può cancellare quei due mesi di contributi, così come non si può cancellare, per esempio, l’anno del servizio militare. Un altro periodo di contribuzione, anche se figurativo, che può finire con il sortire il medesimo effetto della reiezione di una domanda di chi pensa di essere un contributivo puro.

Gli importi delle pensioni diventano fondamentali per l’accoglimento di una domanda di pensione

Tra l’altro la misura prevede pure un importo soglia della pensione al di sotto del quale la prestazione non viene concessa. La pensione anticipata contributiva non può essere inferiore come importo a 1.408 euro lordi al mese, ovvero a 2,8 volte l’assegno sociale. Senza raggiungere questo importo bisognerà aspettare il compimento dei 67 anni di età per poter andare in pensione. Ma anche a quella età e nonostante i 20 anni di contributi, spesso la pensione è negata. Un tipico esempio è il primo lettore. Infatti per chi non ha versamenti prima del 1996, la pensione di vecchiaia si centra di fatto a 71 anni di età e non a 67. Sembrerà strano ma è così.

Infatti a 67 anni di età la pensione di vecchiaia per un contributivo puro è liquidata dall’INPS a condizione che il suo importo sia pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale. Parliamo di una pensione di 754 euro circa al mese. Evidentemente il nostro primo lettore non ha una carriera contributiva che permette di ricevere una pensione pari a quella cifra.

I chiarimenti sui periodi contributivi e retributivi

A scanso di equivoci, prendendo a riferimento i due nostri lettori, possiamo distinguerli in un contributivo puro e un misto. Uno dei due ha versamenti esclusivamente contributivi, dopo il 1995. L’altro invece, anche se per soli 2 mesi ha versamenti retributivi. Quest’ultimo a 67 anni potrà andare in pensione senza badare all’importo della stessa. Infatti per i misti nessun vincolo di importo della pensione è imposto.

Quindi anche un assegno di 500 euro al mese viene lo stesso liquidato. Per l’altro no, perché non avendo contributi prima del 1996, è assoggettato al requisito aggiuntivo.

Ma come abbiamo visto, basta un mese di contributi prima del 1996 per poter dribblare questo vincolo. Controllare la carriera, per verificare se ci sono contributi “dimenticati”, è consigliabile. Ma prima di recuperarli e inserirli nell’estratto conto, meglio verificare bene tutto. Perché a volte l’aver iniziato la carriera prima del 1996 è un vantaggio, altre volte uno svantaggio.

Il caso assurdo di chi da 64 anni passa a 71 per la pensione

E basta poco per perdere il diritto alla pensione passando da una ipotetica a 64 anni, a una effettiva a 71 anni. Un contributivo puro in teoria con solo 20 anni di contributi può uscire dal lavoro a 64 anni. Ma con una pensione di oltre 1.408 euro al mese. Se ha una pensione da 700 euro niente anticipata contributiva a 64 anni. Ma con 700 euro questo lavoratore non andrà in pensione nemmeno a 67 anni. Perché in quel caso servirebbe una pensione di 754 euro circa al mese. Ed ecco che poi si dovrà attendere i 71 anni. Quando gioco forza la pensione sarà liquidata a prescindere dal suo importo. Perché a quel punto basterebbero anche soli 5 anni di contributi.