Qual è la soglia minima di pensione per poter vivere in Italia? L’importo medio degli assegni è troppo basso e il potere di acquisto ancora meno.

I soldi, si sa, non bastano mai. Tanto che arrivino da reddito da lavoro, quanto che arrivino da pensione. In questo secondo caso, però, la quantità di denaro disponibile è generalmente inferiore a quella derivante da uno stipendio. Divario che con il passare del tempo si sta allargando sempre più.

Il livello medio delle pensioni si abbassa, infatti, di anno in anno.

Oggi il pensionato medio italiano percepisce un assegno mensile che è di poco superiore a 1.100 euro al mese. Solo 10 anni fa questa cifra sfiorava i 1.400 euro. In più, rispetto al passato, l’inflazione è tornata a correre e, nonostante la rivalutazione annuale degli assegni (perequazione automatica), il potere di acquisto dei pensionati italiani si sta logorando sempre più velocemente.

Quanto serve di pensione per vivere

La domanda che a questo punto ci si pone è: quanto serve di pensione per vivere in Italia? Ebbene, risponde in senso generale non è possibile perché la cifra dipende dalle esigenze di ciascun pensionato. Vero che, rispetto a un lavoratore che ha famiglia vi sono meno spese da sostenere, ma è altrettanto vero che i costi necessari (bollette, tasse, spesa alimentare) ci sono e aumentano.

Facendo riferimento ai 1.100 euro mensili di cui sopra (due terzi sono sotto 1.000 euro), si può tranquillamente dire che questi soldi non bastano per vivere. Tant’è che – secondo i dati elaborati dall’Inps – sono sempre più i pensionati in Italia che fanno ricorso alla cessione del quinto. Un fenomeno indicativo di quanto facciano fatica a pagare tasse, spese e bollette ogni mese.

Se a ciò si aggiunge che l’inflazione è tornata a crescere, si capisce che la candela si sta lentamente bruciando da due parti. Da un lato ci sono gli importi delle pensioni che scendono di anno in anno per effetto dell’entrata a regime del sistema di calcolo contributivo.

Dall’altro c’è l’aumento progressivo dei prezzi e delle tariffe.

La regola del 50/20/30

Detto questo, vediamo più esattamente come funziona la regola del 50/20/30. Secondo questa, il 50% dell’importo della pensione dovrebbe essere utilizzato per per far fronte alle spese essenziali. Quindi metà della rendita per affitto, cibo, bollette, tasse, medicine. Il 30% dell’importo, invece, dovrebbe essere destinato alle spese non indispensabili, fra le quali rientrano tutte le altre voci. Il 20%, infine, dovrebbe essere accantonato a risparmio per spese impreviste.

Chiaramente, il rincaro della vita ha fatto venir meno quel 20% di risparmio per la maggior parte dei pensionati andando per compensare le altre voci di spesa il cui budget è cresciuto per effetto dell’inflazione. Oltre che per via del fatto che l’importo medio della pensione, come detto, è in progressivo calo.

Esiste tuttavia una soglia limite, immaginaria, al di sotto della quale è impossibile scendere per non finire in mezzo a una strada o sconfinare nella soglia di povertà. Generalmente si fa riferimento all’importo del trattamento minimo di pensione che per il 2023 ammonta a 563,27 euro al mese.

Ma è del tutto evidente che questi soldi non bastano più per vivere, tanto al Nord quanto al Sud Italia. Anche in assenza di pagamento di canone di affitto. Ragione per cui Forza Italia punta a portare la soglia minima a 1.000 euro entro fine legislatura.

Riassumendo…

  • Pensionati sempre più in difficoltà con l’inflazione che fa salire i prezzi.
  • In forte aumento le domande di cessione del quinto di pensione per i meno abbienti.
  • Pochissimi riescono a risparmiare qualcosa a fine mese coi soldi della pensione.