La pensione per molti lavoratori che svolgono lavori saltuari o discontinui non sarà certo entusiasmante. Anzi c’è da aspettarsi un assegno che, nella migliore delle ipotesi, sarà integrato al minimo.

Questo perché chi svolge lavori saltuari, dette anche collaborazioni occasionali, versa pochi contributi nelle casse del Inps. Chi, quindi presta il proprio lavoro facendo per brevi periodi di tempo al di sotto di soglie minime retributive (5.000 euro all’anno) non avrà una pensione che gli permetterà di vivere degnamente.

I contributi per lavori saltuari

Le prestazioni occasionali, come possono essere quelle svolte dalle baby sitter, rientrano fra quelle previste dalla Gestione Separata Inps.

Il contratto di lavoro rientra fra quelli previsti per i collaboratori domestici.

I contributi da versare alla bay sitter sono calcolati in base alla tipologia di contratto (a tempo determinato o indeterminato) e al livello di retribuzione. In linea di massima, più tempo dura la prestazione e minore sarà l’importo da versare al Inps da parte del datore di lavoro.

I valori dei contributi sono adeguati ogni anno dal Inps che li rende noti mediante apposito messaggio. In ogni caso, si può simulare quanto bisognerebbe versare utilizzando l’applicazione messa a disposizione dal Istituto.

I contributi devono quindi essere versati ogni tre mesi. I datori di lavoro devono poi assicurare la baby sitter alla Cassa mutua per Colf e Badanti.  Il pagamento assicura alla baby sitter il diritto a ottenere prestazioni sanitarie in caso di malattie e infortuni.  I contributi sono detraibili fiscalmente dalle imposte sul reddito.

La pensione

Ma come sarà la pensione di chi svolge lavori saltuari? Ebbene, come già detto, se la carriera del lavoratore è costellata solo da versamenti occasionali nella Gestione Separata, la pensione sarà insignificante.

I contributi risultano bassi perché bassa è la retribuzione. Se poi si è pagati attraverso il Libretto di Famiglia (collegato sempre alla Gestione Sepatrata) l’aliquota contributiva è pari al 20,63% del compenso lordo.

Volendo fare un esempio, considerando il compenso massimo pari a 5.000 euro annuo derivante da prestazioni occasionali, ci si ritroverà non più di 1.030 euro di contributi i per circa tre mesi di lavoro a tempo pieno.

Veramente poco per poter ottenere una pensione minima vitale.