Opzione Donna potrebbe diventare il modello futuro di pensione anticipata. Il meccanismo, si sa, è penalizzante perché il sistema di calcolo contributivo taglia gli assegni anche di un quarto rispetto a quanto spetterebbe con il pensionamento ordinario.

Il governo, però deve fare i conti con le esigenze di bilancio, non più rinviabili. Sulle pensioni finora si è speso tanto, troppo, a causa di macroscopici errori del passato. E col passare del tempo, la pensione anticipata tenderà a diventare un ricordo per pochi fortunati.

Pensione anticipata con opzione donna per tutti

Il premier Draghi pensa così di allargare a tutti il modello Opzione Donna. Del resto, più passa il tempo e più diventa difficile evitare il ritorno alle regole Fornero che, con tutti i suoi difetti, è l’unica via per sostenere la spesa pensionistica.

Unica alternativa per permettere la pensione anticipata rispetto ai 67 anni di età previsti dalla vecchiaia è quella di introdurre una penalizzazione. Come avviene in Germania. Chi scegli di andare via prima dal lavoro deve mettere in conto un taglio della pensione.

Non ci sono alternative sostenibili. E Opzione Donna, in questo senso, sarebbe la soluzione ideale per tutti i lavoratori. Finora le lavoratrici hanno avuto la possibilità di lasciare il lavoro anzitempo con almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età (59 per le autonome).

Chi paga il conto

I sindacati sono contrari, chiedono che la pensione anticipata sia liquidata ancora con il sistema di calcolo misto. Il meccanismo previsto per Opzione Donna prevede, al contrario, un sistema di calcolo interamente contributivo anche per i versamenti effettuati prima del 1996.

Il pagamento, poi, parte 12 mesi dopo il perfezionamento della domanda di pensione anticipata (18 mesi dopo per le lavoratrici autonome). Ne deriva, in complesso, un taglio dell’assegno che si aggira intorno al 25%.

In difetto, se si dovesse continuare con la linea di voler a tutti i costi difendere il sistema delle pensioni anticipate a caro prezzo, il conto lo pagherebbero gli attuali lavoratori e le generazioni future.

Per loro, l’uscita anticipata non esisterà e la pensione sarà da fame. Costretti a lavorare anche fino a 70 anni, se non si avrà alle spalle una carriera lavorativa continua e un monte contributivo corposo, difficilmente lo Stato gli riconoscerà pensioni sufficienti a vivere.

Oggi il tasso di sostituzione delle pensioni si aggira mediamente intorno al 75 per cento. Ma per i contributivi puri sarà del 60 per cento, nella migliore delle ipotesi.